Egitto, migliaia di dimostranti assediano Morsi - Diritto di critica
La folla supera il cordone di polizia e circonda il Palazzo Presidenziale, in fuga il Presidente Morsi. Piazza Tahrir e mezza Cairo contestano duramente la nuova Costituzione presentata da Morsi: il testo elimina ogni forma di controllo giudiziario sulle decisioni del Presidente e indebolisce l’intera magistratura. Una mossa azzardata, che rischia di far perdere tutto il sostegno popolare al presidente dei Fratelli Musulmani. Referendum previsto per il 15, saranno giorni di fuoco.
“Abbiamo visto migliaia di persone circondare il palazzo da tutti i lati, superavano di gran lunga la polizia: sono riusciti a raggiungere i muri presidenziali”. E’ il racconto di Rawya Rageh, reporter di Al Jazeera, che dalla capitale egiziana sta seguendo gli scontri tra polizia e manifestanti. Il secondo atto della Thawra (il risveglio, come è stata chiamata la rivoluzione del gennaio 2011) è in rapida espansione, e riesce a portare migliaia di cittadini in piazza per una settimana di fila. Ieri hanno superato i cordoni della polizia e gli sbarramenti di filo spinato, nonostante il lancio di gas lacrimogeni e le decine di dimostranti intossicati. La folla ha respinto i militari all’interno del palazzo presidenziale, chiuso ormai sotto assedio, costringendo alla fuga il presidente Morsi.
“Stand up to tiranny”, scrivono i giornali egiziani. Ieri 8 dei principali quotidiani e 2 network nazionali hanno scioperato contro la proposta di carta costituzionale presentata da Morsi, considerata una “inaccettabile restrizione della libertà d’espressione”. Ma non è solo una legge-bavaglio. Il testo sottrae il Presidente ai poteri di controllo della magistratura e ne allarga il campo d’azione. Rende inoltre impossibile, per la Corte Suprema, sciogliere l’Assemblea. Con una mossa simile, Morsi aveva esautorato la Giunta militare a giugno: ora punta ad eliminare ogni interferenza dei giudici nelle sue decisioni.
Piazza Tahrir non ci sta. Liberali, giovani, progressisti, ma anche gente comune, gridano per le strade del Cairo che “la Rivoluzione non accetterà un nuovo dittatore”. Anche Mubarak aveva allargato il proprio potere escludendo ogni forma di controllo sulle proprie decisioni. Non è la legittimità dell’elezione di Morsi ad essere contestata dagli egiziani (cosa che invece ancor oggi in Occidente si mette in dubbio): viene considerata illegittima la sua politica autocratica, volta a creare un “direttorio” libero da controlli e regole.
Il 15 dicembre un referendum popolare dovrà votare la nuova Costituzione. Morsi ha cercato di accelerare il più possibile i tempi, nella speranza di riuscire ad ottenere la vittoria grazie ai voti dei Fratelli Musulmani. Un calcolo azzardato. Se anche la Costituzione autocratica di Morsi, legalmente o illegalmente, dovesse raggiungere la maggioranza, il Paese rimarrebbe spaccato in due. La “guerra civile” già ora in ebollizione diventerebbe totale, e senza sbocco.
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