La battaglia dei dipendenti di Amnesty International, il futuro è incerto
Amnesty International sta attraversando uno stato di crisi. L’organizzazione, costituita nel 1961 per combattere le violazioni dei diritti umani sta conoscendo una fase di ristrutturazione nella gestione del personale e dei posti di lavoro. Circa 500 lavoratori londinesi potrebbero essere trasferiti all’estero nelle prossime settimane. I rappresentanti sindacali si sono riuniti, con i membri dell’organizzazione, all’interno di una chiesa della capitale per protestare contro la nuova politica dell’associazione. Slogan come “I diritti dei lavoratori sono i Diritti Umani” sono stati esposti su cartelloni e hanno riassunto lo stato d’animo dei membri dell’organizzazione.
La battaglia tra il personale e i vertici di Amnesty International è andata avanti negli ultimi mesi, a seguito delle proposte per la ristrutturazione. Si sono avuti scioperi davanti alla sede di Londra, a quella internazionale e i picchetti si sono formati, in segno di solidarietà, davanti agli uffici di tutto il mondo. Nell’assemblea straordinaria di gennaio si deciderà se concedere o meno la fiducia ai vertici organizzativi, in risposta a più di 100 membri che hanno espresso viva preoccupazione per i cambiamenti in atto nell’organizzazione.
Il nucleo della controversia sta nella decisione, da parte del segretario generale Salil Shetty, di avvicinare l’organizzazione ai punti “più caldi”, dove si verificano ripetute violazioni dei diritti umani, con l’apertura di 10 nuovi hub regionali. I membri dell’organizzazione sostengono che il progetto rischia di deviare dallo scopo originario dell’organizzazione. Il presidente delle campagne di comunicazione di Amnesty International Thomas Schultz-Jagow sostiene con forza che “E’ anacronistico avere un’organizzazione con più di 500 persone a Londra, quando dovrebbero essere impiegate laddove ce ne è più bisogno in modo da non perdere il punto di contatto con quei luoghi dove avvengono le violazioni dei diritti umani”.
I lavoratori britannici temono che ci siano rischi per la sicurezza con l’apertura dei nuovi uffici in luoghi spesso pericolosi. In Gran Bretagna 23 persone saranno licenziate e il numero passerà da 171 a 148. I lavoratori sono irritati anche per il trattamento economico riservatogli, con pagamenti a tre settimane per ogni anno di servizio, invece di quattro. Il predecessore del segretario Shetty, Irene Khan, ha ricevuto circa 650mila euro (quattro volte il suo stipendio) al momento di lasciare Amnesty lo scorso anno. Il suo vice, Kate Gilmore, ha ricevuto una buonuscita di circa 400mila euro. Nonostante il momento difficile di crisi economica, c’è molto entusiasmo negli uffici che stanno aprendo. Atila Roque, direttore della nuova filiale in Brasile, ha rivelato al Guardian che il suo team di 6 persone, che potrebbe arrivare fino a 30, è molto attivo e si sta facendo strada tra i gruppi locali. Si propone, inoltre, di arruolare circa 30-40mila militanti nei prossimi tre-cinque anni.