Il centrosinistra sceglie il candidato, nel centrodestra è notte fonda
L’ANALISI – Bersani ha vinto su Renzi e punta verso palazzo Chigi, rinfrancato da quell’enorme fenomeno mediatico e politico che sono state le primarie di centrosinistra. Capaci di monopolizzare l’attenzione a tal punto da cancellare per più di due settimane anche le sparate di Grillo. La notte delle primarie ci consegnano un Pd rinfrancato, uscito dalla depressione in cui era piombato con ritrovata sicurezza. Ma nella notte che decide il candidato premier del centrosinistra (con il sindaco di Firenze che comunque ha avuto la sua vittoria), il centrodestra brancola nel buio. Non sa se si candiderà Berlusconi, se ci saranno le primarie, se avverrà una scissione, se il Pdl verrà restaurato, se rinascerà una Forza Italia del duemila, se gli ex An se ne andranno, se prevarrà un’impostazione laicista, confessionale o chissà cos’altro. Insomma, non si sa nulla di nulla.
Il Pdl e il contrappasso. L’incontro tra Berlusconi e Alfano non ha sciolto alcun dubbio, anzi, se possibile, ne ha fatti sorgere altri. A partire dalla data dell’ufficio di presidenza, che il presidente del Pdl (Berlusconi, ndr) si è guardato bene dal fissare. Il Cavaliere sembra divertirsi a tenere tutto il partito sulla corda. In quello strano mix di strategia e irrazionalità che è la politica, sembra quasi che all’ex premier piaccia questa fase di stallo in cui tutti attendono terrorizzati le sue decisioni. Par di vedere una sorta di contrappasso, una vendetta contro i notabili che spesso hanno avuto da criticare, mettendosi di traverso per rallentare l’azione del capo.
Bersani, il nemico di sempre. Dalla finestra del suo quartier generale, Berlusconi ha accolto positivamente la vittoria di Bersani e adesso la sua discesa in campo sembra più vicina. Ha vinto l’uomo del vecchio Pd, il nemico di sempre. Un concorrente a lui molto più vicino dal punto di vista generazionale, che ha partecipato ai governi di centrosinistra con la sua parte di responsabilità su cui speculare. Un avversario che si è legato moltissimo a Vendola, allontanando ogni residua speranza di allearsi con Casini e offrendo il fianco alla vecchia arma dell’anti comunismo. La dedica di Bersani nel post vittoria – sul profumo di sinistra, in risposta al presidente della Puglia -, non può essere sfuggita all’uomo che sulla comunicazione ha fondato un impero. Come non può essergli sfuggita l’apertura ai giovani. L’ex premier sa che da domani Bersani dovrà affrontare lo scoglio più duro, applicare almeno in parte – diciamo il 40%? – la tanto odiata rottamazione.
La ri-discesa in campo del Cav. Intanto, da ieri sera, la ridiscesa in campo di Berlusconi viene data per certa, ma potrebbe non essere così sicura. Il Cavaliere non ha fretta. Studia e prepara quella che – indipendentemente dalla sua ricandidatura – deve essere, soprattutto, la riaffermazione del suo potere interno. Una rinascita affidata a un video messaggio contro la “magistratocrazia” contro la Merkel, la Ue e le politiche di Mario Monti: a partire dalle odiate operazioni di “polizia tributaria” e dall’asfissiante tassazione.
Estirpare le correnti. Berlusconi sa cosa vuole. Innanzitutto, il Porcellum – così com’è, senza preferenze, gli permette di nominare chi vuole – e una veste nuova per il partito: con diversi giovani e alcuni fidati parlamentari da inserire nei posti decisivi per i propri interessi politico-imprenditoriali. All’ex presidente del Consiglio preme, ancora di più, ritrovare coesione e compattezza attorno alla sua figura e alla sua visione delle cose. Per far questo è necessario estirpare le correnti e tutto il pesante apparato che blocca e rende pletorico il partito. In sintesi, ripartire dalle sue origini politiche aggiornate alla realtà odierna. Un modo per limitare i danni di una sconfitta che si prevede molto pesante ed iniziare la lenta risalita attraverso un’opposizione durissima, aperta con l’ascia di guerra dissotterrata contro Monti.
L’election day e la Lega. L’incontro con Alfano almeno una cosa l’ha decisa: se non concede l’accorpamento elettorale il governo del prof rischia di saltare. L’accorpamento permetterà all’Italia di risparmiare 100milioni di euro e al Pdl (ammesso si chiami ancora così) di potersi riorganizzare evitando l’effetto domino che una prima secca sconfitta potrebbe innescare nell’immediato futuro. Soprattutto, l’accorpamento è voluto da Berlusconi che in tal modo potrebbe recuperare la Lega. Far cadere Monti, infatti, è la condizione offerta da Maroni per ripensare all’alleanza.
Comunque andrà il centrodestra, per come l’abbiamo conosciuto, sembra non esistere più, eppure i suoi uomini sono ancora lì, nascosti dietro al montismo. I sorrisi di sfida hanno lasciato il posto a più miti consigli. Sono tesi, terrorizzati dal loro futuro, hanno paura. I seggi saranno pochi e se non si piazzeranno al sicuro in breve tempo, la loro carriera politica sarà stroncata.
Alfano è l’ultimo baluardo, se lui resiste a Berlusconi e tiene in piedi il partito, in molti sono pronti a restare all’ombra della sua leadership, se, invece, torna a fare il secondo in una Forza Italia 2.0, o, ipotesi più accreditata, in un Pdl riverniciato a nuovo, allora, ognuno sarà libero di seguire la propria strada. Da chi andrà a chiedere udienza al Cavaliere col cappello in mano, a chi – ciellini ed ex socialisti filo montiani – cercherà rifugio al centro, fino a coloro che, loro malgrado, saranno costretti a buttarsi a destra. Sta di fatto, però, che la stragrande maggioranza farebbe di tutto pur di evitare la diaspora.
La casa del “padre”. È vero, prima che ciò possa accadere c’è anche chi ha già cercato di fare il salto mortale verso “mondi inesplorati”, per quanto, è chiaro: restare nella casa madre ha sempre un qualcosa di rassicurante, un tepore antico che arriva da lontano e ha il sapore di un tempo in cui tutto filava secondo una logica e sembrava sorridere sempre, qualsiasi cosa accadesse.
Quell’Arcadia non c’è più. Oggi, si raccontano storie strane su quanto accade nel palazzo. C’è chi giura di aver sentito apprezzamenti pesantissimi volare fuori dalle stanze del potere, si racconta di liti furiose tra big e di graffianti sberleffi lanciati all’indirizzo dell’ex premier. Magari c’è da fare la tara, per avere al netto del fango qualche pezzettino di realtà. Sicuramente, però, avvengono sfide e vendette interne alle commissioni, dove, membri dello stesso partito si fronteggiano l’uno contro l’altro armati. Ci sarebbero state rivolte vere e proprie in Senato, dove, per ritorsione, alcuni senatori Pdl avrebbero aperto ad una legge elettorale del tutto anti-berlusconiana.
E la resa dei conti potrebbe consumarsi in una notte dei lunghi coltelli che si preannuncia spietata, come può esserlo solo una mattanza tra ex amici.