Renzi vince la sfida tv, ma Bersani è più concreto
Si aspettavano la mossa a sorpresa che poi non c’è stata. Matteo Renzi è stato solo più aggressivo e deciso rispetto al precedente dibattito su Sky. Ma alla fine comunque convince. Il suo obiettivo – in parte raggiunto – è stato quello di far apparire non tanto Bersani, quando l’apparato che lo circonda, incapace di governare, proprio perché non in grado di cambiare il Paese in passato. E una dura stoccata sulle alleanze: mai con Casini, “sa di inciucio”.
La crisi e la ricetta giusta. Il confronto parte male per Renzi. Alla domanda sulla crisi il sindaco di Firenze appare meno lucido rispetto alla partenza spumeggiante di qualche settimana fa a Sky. È vago, impreciso: “Tassiamo il gioco d’azzardo e rimettiamo i soldi in tasca al ceto medio”. Ben poca cosa di fronte ad un Bersani concreto: “Dobbiamo mettere in moto le attività economiche attraverso l’azione dei comuni e della cassa dei depositi e prestiti”.
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Tasse ed evasione. Bersani ha una sua ricetta anti-evasione: “Ridurre il contante circolante per far emergere il ‘nero’. Così si contrastano gli evasori”. Ma, allo stesso tempo, secondo il segretario Pd, “l’agenzia del fisco deve essere più amichevole con chi le tasse le paga”. Renzi coglie la palla al balzo per attaccare la classe dirigente del Pd, colpevole – secondo Matteo – “di non aver fatto abbastanza quando sono stati al governo”. Manca, però, da parte sua una proposta.
Europa. Sull’Europa Renzi ripete quello già detto davanti alle telecamere di Sky. “Voglio gli Stati uniti d’Europa e non voglio avere i conti apposto perché me lo dice la Merkel”. Bersani, invece, sottolinea come il Pd stia già lavorando a livello internazionale per far pagare la crisi a chi l’ha creata, cioè alla finanza.
Sud e questione meridionale. “Non c’è un problema sud, ma un problema Italia”, spiega il sindaco di Firenze. “Mancano investimenti su chi ha un’idea ed esiste una rete delle raccomandazioni che blocca l’economia. Il sud è il luogo dove si gioca la nostra sfida”. Renzi non cita la mafia. Lo farà successivamente, ma forse con ritardo. Gli elettori di sinistra sono molto sensibili su questo tema. Bersani lo sa bene usa sapientemente la parola chiave “Lotta per la legalità”.
Sistema industriale. Sul tema delle politiche industriali entrambi non sono riusciti a dire molto. Il tempo è poco, ma non sono stati convincenti perché eccessivamente vaghi. Renzi ha sfruttato anche questa occasione per attaccare il vecchio centro-sinistra che ha fatto “meno peggio degli altri”, ma che “poteva fare di più”.
Politica estera e Medioriente. Monica Maggioni, più esperta di questioni internazionali che di politica interna, si sofferma – forse anche troppo per gli standard italiani – sulla politica estera. In particolar modo sulla primavera araba e sulla questione siriana. Se Bersani è convinto che il problema sia legato al conflitto israelo-palestinese, Renzi dà – a sorpresa, dimostrando una certa preparazione – una lettura più ampia della questione. Parla di primavera araba come di un “sogno infranto” e della necessità di una risoluzione della questione iraniana, “senza la quale non si risolvono il conflitto israelo-palestinese”. Non manca di citare i blogger iraniani e la questione femminile in Tunisia.
Costi della politica e finanziamento pubblico ai partiti. Se fino a quel momento Bersani era apparso più incisivo rispetto al dibattito su Sky e in vantaggio sul suo sfidante, da questo momento in poi ha iniziato ad inanellare una serie di errori comunicativi. Sulla domanda relativa ai costi della politica Renzi – per via della rotazione – ha avuto diritto di parola per primo. “Io sono per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti”, ha spiegato il sindaco di Firenze. “Non si tratta di demagogia, ma di rispetto di un referendum che hanno votato gli italiani. Inoltre, propongo il dimezzamento dei parlamentari e no ai cumuli dei vitalizi. E non è solo questione di risparmio: solo una classe politica che taglia se stessa può tagliare agli altri”. Bersani non ha potuto far altro che ribadire la sua posizione già espressa a Sky: “Io sono per il dimezzamento del finanziamento pubblico, che però ci deve essere, così come immaginato da Pericle. Non possiamo pensare che la politica la faccio solo i ricchi”. Una frase che si è rivelata un perfetto assist per Renzi: “Passare da Pericle a Fiorito richiede un atto intellettuale difficile. Fiorito era dall’altra parte, ma anche noi abbiamo avuto i nostri problemi”.
Conflitto di interessi. Anche su questo punto il segretario del Pd non è chiaro. Parla della necessità di autority più della necessità di individuare delle incompatibilità con gli uffici pubblici. Renzi inutile girarci intorno, non abbiamo fatto la legge sul conflitto di interessi”.
Riforma delle pensioni. “Sarebbe comodo dire che possiamo tornare indietro. Dico di no. In Italia si vive più a lungo e si deve lavorare di più”, spiega Renzi che subito segna un altro punto a suo favore sul patto generazionale: “Se metti in discussione la riforma si arrabbiano le nuove generazioni che non vedranno la pensione. Il centro-sinistra ha sbagliato ad abolire lo scalone. Bisogna essere onesti nel patto tra generazioni è fondamentale per una classe dirigente seria”. Bersani dal canto suo difende la riforma e annuncia di voler modificare la riforma Fornero “senza ribaltamenti”. Punto centrale è la questione degli esodati, “ma anche maggiore flessibilità in uscita”.
Alleanze e credibilità internazionale. Il paese è credibile se si vince con un’alleanza con partiti che contestano l’operato di Monti? La domanda arriva dal comitato milanese per Renzi. Bersani rassicura che non ci saranno problemi con Vendola perché “Sel è un partito europeista”. Ma per il sindaco di Firenze, questo “è un problema da non sottovalutare. Non dobbiamo finire come l’Unione nel 2008”.
Verso la fine. Verso la fine Bersani subisce due gol clamorosi. Per conquistare i voti dei renziani gioca la carte dell’anti-militarismo sugli F35: “Chiederei ad Obama di rivedere la questione”. Ma Renzi lo corregge: “Che c’entra Obama? È un problema nostro, non fare della facile demagogia”. Altra pesante stoccata tirata dal sindaco di Firenze riguarda l’immigrazione. “A proposito di alleanze, non è che poi con Casini ci ritroviamo anche Fini, quello che ha scritto quella pessima legge insieme a Bossi?”.
Gli appelli finali. Stanco ma ancora abbastanza lucido, Renzi fa un appello incisivo incentrato su tre parole chiave: rischio, speranza e cambiamento. “Abbiamo cambiato i simboli, ma non abbiamo cambiato il Paese. Il ballottaggio basato sul due modelli di cambiamento: la sicurezza o il rischio. I giovani devono dare del tu alla speranza”, ha spiegato il sindaco di Firenze. Più appannato Bersani che fa un appello centrato sulla parola “lavoro”. Un appello labourista: “Il nuovo è mettersi semplicemente all’altezza degli occhi dei cittadini, lasciamoci alle spalle la politica del ghe pensi mi”.
Twitter: @PaoloRibichini