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Diritto di critica | December 22, 2024

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La lettera delle precarie Coop alla Littizzetto: "qui si guadagna poco e si lavora tanto, per 700 euro" - Diritto di critica

La lettera delle precarie Coop alla Littizzetto: “qui si guadagna poco e si lavora tanto, per 700 euro”

Contratti precari, turni di lavoro massacranti, salari da 700 euro e diritti compressi. E’ la realtà della grande distribuzione organizzata, degli immensi negozi di mobili fai-da-te, delle catene di supermercati. Una lettera a Luciana Littizzetto tenta di strappare il velo al lato b di Coop, Ikea, Auchan e tante altre. I Sindacati di Base lanciano una protesta nazionale l’8 dicembre: chissà se noi, clienti “comodi” sulle spalle di lavoratori mobbizzati, ce ne accorgeremo.

Il caso Littizzetto. “Cara Luciana, l’immagine sorridente e spiritosa che dai della Coop non è la realtà”. Niente mezzi termini nella lettera delle lavoratrici Coop all’attrice torinese. Con una trovata pubblicitaria tutt’altro che sciocca, il manipolo sindacale ha usato lo spot di cui la Littizzetto è protagonista per denunciare la propria lotta: un salario da 700 euro al mese dietro i volti sorridenti in cassa, la paura del licenziamento dietro l’angolo, la precarietà travestita da convenienza dietro gli stand. Luciana non risponde, la Coop smonta in un comunicato tutte le accuse: eppure risulta difficile credere che si tratti di “affermazioni assolutamente infondate”.

LEGGI IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA 

IL VIDEO DELLO SPOT

Ikea, Coop, Auchan, un mare di vertenze. L’assunzione in un grande gruppo non paga. In Italia ci sono almeno quindici vertenze tra lavoratori e grandi aziende. A Brescia le contestazioni dei facchini hanno paralizzato il centro Ikea padano; protestavano contro 107 licenziamenti decisi dall’oggi al domani, e senza preavviso. A Roma, un gruppo di lavoratrici Coop si è unita alla causa di una collega vittima di molestie da parte di un dirigente: è stato allontanato dalla direzione, ma si parla di altri casi noti e impuniti. La sigla Usb del settore sta organizzando una giornata di protesta nazionale contro la catena di società cooperative: l’8 dicembre scenderanno in piazza contro la decisione di vendere ai privati le sedi laziali e campane del gruppo, lasciando nell’incertezza i dipendenti. Da Auchan si lotta ancora contro il ridimensionamento di Casalbertone (che già adotta contratti di solidarietà), mentre a Nichelino in provincia di Torino viene aperto un nuovo mega-negozio.

L’ipocrita convenienza del cliente. La grande distribuzione viene incontro al cliente, e a farne le spese sono i lavoratori. I supermercati aperti la domenica sono comodi, naturalmente: possiamo evitare sbattimenti al ritorno dal lavoro e relegare la spesa al giorno del Signore (il nuovo Dio, direbbe un anticonsumista convinto). Risultato: il turno domenicale è ormai prassi necessaria per chi lavora nell’alimentare o nella gdo. Un turno che si allunga a dismisura. Prima era solo la mattina, poi fino alle 20. Ora la catena Pewex sta sperimentando l’orario di apertura fino alle 20 e 30, mentre Ikea già dal 2010 garantisce porte aperte fino alle 22. E si parla già di spostare la deadline alle 22.30.

In teoria, un lavoratore ben tutelato (in termini di retribuzione straordinari, riconoscimento delle maggiorazioni e flessibilità nei cambi turno) non avrebbe di che lamentarsi. Ma un precario, magari part-time, che ha bisogno del lavoro, accetta tutto, anche quando questo vuol dire turni da 10 ore o settimane “a singhiozzo”. E 700 euro al mese, con rinnovi contrattuali ogni 30 giorni. La responsabilità non è soltanto dei vertici aziendali: qualcuno “compra” il servizio della domenica o notturno. Siamo noi, clienti “comodi” che vogliono tutto e subito, il negozio sempre aperto e il commesso gentile e personalizzato. Attenzione all’ipocrisia, dunque, perché siamo parte del problema oltre che della soluzione.