Il ‘‘massacro di Maguindanao’’, le famiglie dei giornalisti filippini vogliono giustizia - Diritto di critica
I giornalisti restano una delle categorie più vulnerabili nelle Filippine. A nulla è valsa la campagna mediatica occidentale, a difesa della categoria, dopo il massacro di Maguindanao nel quale, oltre ai 34 cronisti uccisi, persero la vita altre 23 persone tra cui famigliari e sostenitori di Esmael Mangudadatu, un sindaco locale in corsa per la carica di governatore con uno dei membri del potente clan Ampatuan. Secondo il Committee to Protect Journalists (CPJ), per la protezione dei cronisti, le Fillippine, attualmente, sono il terzo paese più pericoloso, preceduto solamente dall’Iraq e dalla Somalia.
Era il 23 novembre del 2009 quando il convoglio di 57 persone fu raggiunto da uomini armati di fucili automatici e machete. Gran parte delle vittime è stata violentata, decapitata e gettata in fosse comuni. A tre anni di distanza, i familiari attendono ancora una sentenza di condanna per i responsabili. Circa 200 persone, tra soldati, poliziotti, miliziani, civili e influenti politici locali sono stati accusati di omicidio. Ma il processo non è giunto ancora a conclusione, anzi dal 2010 è fermo a causa del rilascio per cauzione di alcuni sospettati. Diversi testimoni sono stati uccisi, nei mesi seguenti, mentre quasi la metà dei sospettati di omicidio sono, tuttora, latitanti. La polizia sospetta che alcuni di loro potrebbero aver cercato e trovato rifugio tra i ribelli sunniti islamici del Moro Islamic Liberation Front.
Nonostante Mangudadatu sia diventato governatore, il problema della sicurezza non è stato risolto del tutto. Gli Ampatuan godono ancora di posizioni di alto profilo. Secondo l’inchiesta “Maguindanao: solo per giustizia”, un documentario sul massacro commissionato dal Centro per il giornalismo investigativo delle Filippine, dei dieci appartenenti al clan degli Ampatuan otto sono stati assolti a distanza di un anno dall’agguato. Secondo la testimonianza di alcuni famigliari delle vittime, sembra che degli emissari per conto degli Ampatuan abbiano offerto per chiudere i procedimenti circa 25mila pesos (circa 470 euro) a nucleo familiare, una somma importante in un paese dove il 40% della popolazione vive con 80 centesimi di euro al giorno. Le Filippine, nonostante la presenza di 500 giornali e 650 emittenti radiofoniche, resta un paese “estremamente vulnerabile” agli attacchi e alle minacce ai giornalisti.