Bilancio Ue, ora siamo noi a bacchettare Merkel e Cameron - Diritto di critica
Giù le mani dai fondi che ci spettano. Monti sfodera a Bruxelles gli artigli e lancia l’ultimatum: “non voteremo proposte inaccettabili”. Il governo del rigore – dopo aver ‘pelato’ gli italiani – batte cassa all’Unione Europea. Il Bilancio 2014-2020 dell’Unione, già tagliato a 1011 miliardi di euro, dovrà essere spartito “in modo equo”: cioè senza tagli ai fondi per la Coesione (che ci spettano per il Mezzogiorno) e per le politiche agricole. Inglesi e tedeschi, fautori dei tagli, sono avvertiti.
Torta piccola, fette grandi. Il bilancio dell’Unione Europea lo versiamo noi, cittadini di 27 paesi: serve a finanziare le politiche di integrazione economica, a sostenere la ricerca e lo sviluppo, a supportare l’agricoltura e le aree depresse. Ma alcuni governi, dopo aver incassato in tasse il contributo dei cittadini all’Eurozona, si dimostrano recalcitranti a deciderne l’impiego a favore del territorio e dei cittadini. L’Italia fa parte dei contributori netti, cioè quei 12 Stati “ricchi” che versano più soldi di quanti non ne ricevano da Bruxelles. Nel 2011, per dire, abbiamo dato più contributi in termini di pil pro capite di tutti. E per una volta, non ci lamentiamo di “pagare troppo”: ma di ricevere troppo poco.
Almeno 4 fazioni spingono in questo vertice europeo per l’approvazione del bilancio futuro di Bruxelles.
- I falchi euroscettici, rappresentati da Regno Unito e Svezia, vorrebbero ridurre il budget di almeno 100 miliardi (contro i 1091 proposti in prima battuta dal presidente della Commissione Van Rompuy). La proposta ultima, circolata ieri dopo 14 ore di colloqui bilaterali e 1 ora di vertice, prevede un taglio di 80 miliardi che scontenta tutti. Londra vuole risparmiare, perché ritiene di ottenere troppo poco dall’Unione: eppure è l’unica a cui vengono versati fondi inattaccabili, come rimborso sulle (scarse) politiche agricole.
- Rigoristi, ma solo per gli altri, i tedeschi: la Merkel guida il battaglione di Finlandia, Danimarca e Olanda a favore di tagli ai versamenti da Bruxelles ai Paesi membri. In particolare, a Berlino sta a cuore Ricerca e Sviluppo, mentre scarterebbe volentieri i fondi per la Coesione (i Fas che sostengono il Mezzogiorno, per intenderci) e i finanziamenti alle politiche agricole.
- Europeisti. Per una volta siamo noi a crederci, nell’Unione. Monti detta ultimatum insieme alla Francia per difendere “quanto ci spetta”, ovvero i fondi europei per lo sviluppo delle aree depresse e quelli per l’agricoltura (su cui anche Hollande tiene duro, pressato com’è dalla potente lobby dei coltivatori/allevatori francesi). Segue la Spagna sugli stessi toni.
- Questuanti. 15 paesi, ricettori netti dei fondi, chiedono ovviamente più soldi. Rappresentano la parte debole dell’Europa a 27, dal Portogallo alla Grecia, dalla Polonia alla Romania. Quella con l’acqua alla gola per la crisi, ma anche con le possibilità di miglioramento maggiori.
“Se l’accordo salterà, non è un dramma”. L’accordo potrebbe non arrivare, né oggi alle 12 (quando si riunisce nuovamente il vertice) né nei prossimi giorni. Il Parlamento europeo, per voce del presidente Schulz, è stato chiaro: “non riteniamo accettabile un taglio massiccio del budget”. I governi sappiano che scendere al di sotto dei 1050 miliardi di euro significa ricevere il voto contrario dell’EuroParlamento. Ed era ora che l’assemblea degli eurodeputati alzasse la testa. E’ l’unica forma di democrazia diretta dell’Unione, l’unico modo per i cittadini europei di scegliere (anche se indirettamente) come spendere i soldi pagati in tasse a Bruxelles.
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