La grande ammucchiata delle primarie Pdl - Diritto di critica
Domenica alle 12 scade la presentazione delle liste per le primarie del centrodestra, con la consegna di 10 mila firme raccolte in almeno cinque regioni (non più di 2 mila per ognuna). Solo allora si saprà con ogni certezza numero e nomi dei candidati. La situazione al momento si presenta confusa e molto fluttuante. A cominciare dal calendario che non è stato ancora fissato. Oggi, l’ufficio di presidenza potrebbe sciogliere le riserve sulla data del voto, su cui restano diversi problemi. Con l’election-day e l’accorpamento di Politiche e Regionali fissate per il 10 e 11 marzo, infatti, le primarie avranno tempi più ristretti e dunque nessun percorso all’americana sarà possibile.
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La sfida sembra sempre più una grande ammucchiata. I candidati in corsa, al momento, restano undici, nonostante la rinuncia di Alessandra Mussolini che ha paragonato le primarie ”a una squallida e poco credibile resa dei conti interna”. Alla Mussolini è subentrato l’imprenditore, Alessandro Proto, professionista delle intermediazioni finaziarie e immobiliari, che gestisce grossi capitali in Rcs e Mediaset. Il 38 enne Proto sarebbe un altro dei nomi nuovi voluti da Berlusconi per emulare la sua discesa in campo.
Ma alla fine i candidati potrebbero essere anche di più, si parla con insistenza del redivivo Giulio Tremonti e di Maria Stella Gelmini. Ma non si escludono nemmeno altre defezioni: il calabrese Alfonso Luigi Marra – 64 enne, forzista della prima ora, da anni in lotta contro il “signoraggio bancario” ed ex fidanzato di Sara Tommasi – potrebbe decidere di ritirarsi per protesta contro le regole adottate e i tempi ristretti necessari per raccogliere le firme. La rosa dei candidati in lizza resta comunque ampia e variegata, sebbene – e lo stesso discorso vale anche a sinistra – appare chiaro che tra il nodo della legge elettorale e l’autostrada che si sta costruendo affinchè Monti conceda “obtorto collo” il bis, le primarie sembrano essere soprattutto una questione interna, un modo utile per misurare il proprio peso specifico, per dimostrare di valere ancora qualcosa, o, più semplicemente, per sopravvivere in Parlamento.
La scommessa di Angelino. Il favorito dovrebbe essere Angelino Alfano. Ma il condizionale è d’obbligo. L’ex delfino di Berlusconi è stato più volte descritto come un morto che cammina. Alfano ha voluto le primarie a tutti i costi, sfidando anche il volere del Cavaliere, dell’uomo, cioè, che in poco tempo lo ha creato, ucciso e resuscitato più volte. Le primarie sono state il primo vero atto di discontinuità dal capo supremo e forse anche il solo. Il segretario sa benissimo che rappresentano l’ultima speranza per una legittimazione personale capace di affrancarlo dal fondatore-monarca. Il “traghettatore” crede in una sua possibile riconferma, ma sa che deve guardarsi le spalle sia dai giovani e rampanti colleghi, che dai vecchi lupi di mare. Per imporsi, Alfano dovrebbe prendere una percentuale di voti enorme, secondo alcuni almeno il 50%. Una soglia considerata irraggiungibile e non soltanto per l’alto numero di candidati in campo.
Giorgia Meloni, la rottamatrice. Alfano teme soprattutto Giorgia Meloni che rischia di rompergli le uova nel paniere. L’ex ministro 35 enne, militante di destra da quando aveva quindici anni, potrebbe rappresentare il volto giovane da cui ripartire all’insegna della buona politica. La deputata, cresciuta lavorando sul territorio alla scuola di di Fabio Rampelli (importante esponente romano dell’Msi prima, di An e Pdl poi), mira ad un partito differente dall’enorme comitato d’affari sporcato da illegalità e scandali d’ogni genere. Ma la Meloni spaventa parecchi esponenti del Pdl, soprattutto dopo avere sposato il credo di Renzi: rottamare. Gasparri e La Russa hanno provato fino all’ultimo a convincerla a desistere, in modo da puntellare proprio Alfano contro la vendetta di Berlusconi. Ma la decisione di correre potrebbe avere innescato una rottura insanabile, amplificata da alcune frasi senza peli sulla lingua, “i colonnelli avrebbero dovuto farsi da parte da tempo”. Ma è proprio con i vecchi ex An che l’ex ministro potrebbe correre un serio rischio. Per la Meloni trovare voti senza il loro appoggio sarà difficile, ancor più dopo la presa di posizione – non certo condivisa da tutto il Pdl – apertamente contraria ad un Monti bis. Il rischio per l’ex ministro della Gioventù, dunque, è quello di “bruciarsi”. La sua lunga e positiva carriera politica, rischia di arenarsi nel pantano delle primarie e del tutti contro tutti: non potrebbe infatti contare sulle preferenze di quanti fanno riferimento a La Russa e Gasparri né sul voto degli ex forzisti, che non la voterebbero nemmeno con il naso turato. L’unico bacino su cui potrà far leva sarà quindi quello della destra più accesa che da sempre la sostiene (comunque minoritaria in termini percentuali, soprattutto senza l’appoggio dei “colonnelli”) e sulla simpatia popolare che la Meloni suscita in quanto volto giovane e pulito del partito.
Cattaneo, il formattatore. Un altro candidato che in qualche modo richiama la figura di Renzi, è il sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo, 33 anni, a capo dei “formattatori” che da tempo chiedono più spazio e più dibattito interno al Pdl e vorrebbero fare piazza pulita della vecchia classe dirigente ritenuta colpevole del disastro recuperando un rapporto con i cittadini capace di rivoluzionare il Popolo della libertà.
L’outsider Samorì. Che piace al Cav. Novità assoluta, Giampiero Samorì, 55 anni, imprenditore e presidente di Banca Modenese Spa. Uno che non fa impazzire nessuno degli onorevoli pidiellini, ma piace molto a Berlusconi. L’ex premier ha sempre auspicato una figura come la sua degli inizi e per questo vedrebbe positivamente Samorì. Il partito però sembra unanimemente schierato contro di lui. Al banchiere non si perdona l’investitura calata da Arcore ed il fatto di non aver mai preso parte a quasi vent’anni di politica comune. Anche Samorì, però – va detto -, ci ha messo del suo. A L’infedele, sotto gli occhi increduli di Gad Lerner, ha sostenuto una patrimoniale durissima per i ricchi con redditi sopra al milione di euro. Poco dopo un servizio del Tg3 – dai risvolti comici – ha dimostrato che a Chianciano, dove Samorì ha aperto la sua campagna, erano presenti tanti allegri nonnetti portati in gita per fare presenza e completamente all’oscuro di chi dovesse parlare e di cosa.
I soliti noti. Poi ci sono i politici di lungo corso, i nomi noti. La pattuglia berlusconiana messa in gara per sfilare consensi ad Alfano. Si va dalle amazzoni come Daniela Santanchè e Michaela Biancofiore – la bionda di Bolzano berlusconiana al limite dell’integralismo -, a Vittorio Sgarbi, dall’ex sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, all’ex ministro dell’Agricoltura, Giancarlo Galan. Tutti quanto meno filoberlusconiani. “Missili umani” sganciati non per vincere, ma per non far vincere nessuno, danneggiando il segretario. Tutto questo con un’incognita: che farà Berlusconi? Il Cavaliere potrebbe anche pensare ad una mossa a sorpresa, visto che non ravvisa nei sondaggi un candidato di sicuro appeal, ma attende le primarie del Pd.
Chissà se dopo il 25 – una volta conosciuti i nomi dei candidati – si capirà quali sono – se ci sono – i programmi. In fondo a latitare ultimamente in politica sono soprattutto le idee. Intanto, con tutti i candidati presenti si rischia di far confusione e di assistere nuovamente al poco edificante spettaccolo della convention indetta da Samorì, dove un partecipante aveva tutto chiaro, “no, no, io ‘o conosco quello che parla..si..si chiama…eeeehh…si chia….”. Tutti elettori convinti, anzi convintissimi.