Calcio e autodistruzione, l’autobiografia di Van Der Meyde racconta il dramma - Diritto di critica
“Geen genade, Nessuna pietà”. Il titolo dell’autobiografia di Andy Van Der Meyde è esemplificativo e rivela in maniera diretta, e senza sconti, quale sarà il contenuto dell’opera: una “vita spericolata”, fatta di matrimoni falliti, tradimenti, più cadute che resurrezioni, droga, alcol e tanti soldi. Una confessione a posteriori, dopo aver vissuto una vita sempre al limite, quella di Van Der Meyde. Una vita in salita già da bambino, con accanto un padre alcolizzato e col vizio del gioco d’azzardo.
Le tappe bruciate in poco tempo, la crescita nelle giovanili dell’Ajax prima di passare all’Inter. L’amicizia con Ibrahimovic e l’incubo dell’alcol che si affaccia pesantemente. Una volta, il giocatore olandese perse i sensi durante una conferenza stampa. Il trasferimento all’Inter non giovò al giocatore, nonostante gli enormi guadagni e un matrimonio impreziosito dall’allestimento a casa di un enorme zoo con tanto di cani, cavalli e cammelli. Van Der Meyde disputa due stagioni in tono minore prima di trasferirsi all’Everton. Proprio in Inghilterra, il calciatore vive il momento peggiore della sua vita: frequenta night club, sniffa cocaina e divorzia dalla prima moglie. Con la seconda moglie ha una bambina, Dolce, affetta da una rara malattia all’intestino. Per stare vicino alla figlia, il giocatore diserta gli allenamenti e cade in depressione tanto da dover assumere psicofarmaci in modo continuativo. La salvezza, per Van Der Meyde, arriva dal tecnico del Psv Eindhoven Fred Rutten che lo vuole con sé in Olanda per un anno. Anche se il giocatore olandese capisce che il suo tempo per il calcio professionistico è finito, riesce a ricominciare una nuova vita con un’altra compagna, dalla quale aspetta il secondo figlio. Il futuro è incerto, anche se è all’orizzonte un nuovo progetto: quello di allenare nelle giovanili di qualche squadra di calcio, per insegnare ai ragazzi come non disperdere il proprio talento.
L’esempio di Van Der Meyde riporta alla mente due casi di giocatori con una vita vissuta sempre sul filo del rasoio: George Best e Paul Gascoigne. Il primo, pallone d’oro nel 1968 e 8° nella lista dei migliori calciatori del XX secolo, è morto nel 2005 dopo una serie di problemi legati all’alcol. Celebre la sua frase che riassume una filosofia di vita: “Ho speso molti soldi in alcol, donne e macchine sportive, il resto li ho sperperati”. Non diversa la sorte di Paul Gascoigne, considerato uno dei calciatori più talentuosi della sua generazione. Ai problemi di alcol e coniugali, l’ex centrocampista della Lazio è finito in carcere per aver picchiato l’ex moglie. Nel 2008, Gascoigne viene ricoverato coattivamente in un ospedale prima di tentare il suicidio in un lussuoso albergo di Londra. Nel 2010 è stato anche arrestato per possesso di droga. Giovedì, Gascoigne è stato invitato all’Olimpico per la partita Lazio-Tottenham. Un modo per riassaporare antiche emozioni e lasciarsi alle spalle i recenti problemi del passato.