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Diritto di critica | November 22, 2024

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Che fine hanno fatto le liberalizzazioni?

Che fine ha fatto il “Cresci Italia”? Dopo mille annunci le riforme, quelle vere, stentano a decollare, affossate come sempre dalle lobby e da un parlamento lento e poco interessato affinché qualcosa cambi. Così, la scatola nera per le auto, le piccole liberalizzazioni delle farmacie, l’aumento delle licenze per i taxi per ora sono solo su carta. Mancano decreti attuativi e regolamenti. Senza di questi non c’è nulla o quasi.

Quelle riforme che non ci sono. Doveva essere quella grande riforma liberalizzatrice che avrebbe ridato vita all’economia. D’altronde lo stesso Monti, rifacendosi ad alcune proiezioni e analisi dell’Ocse, aveva spiegato che il “Cresci Italia” avrebbe fatto aumentare nel lungo periodo occupazione (+8%), Pil (+11%) e salari (+12%). Insomma, con queste riforme l’Italia avrebbe potuto balzare davanti alla Germania, senza troppi problemi. Che le cifre siano ottimistiche non spetta a noi dirlo. Ma è certo che queste riforme, come spiega la stragrande maggioranza della letteratura economica, avrebbero potuto dare un impulso deciso al sistema produttivo di questo Paese.

Lobby e caste, il freno a mano del Paese. Purtroppo, però, Monti ha dovuto da subito fare i conti con lobby e caste che hanno sostenuto la loro battaglia in parlamento per fermare le liberalizzazioni, cioè quella necessaria ventata di libertà in un paese che ha sviluppato il suo sistema produttivo intorno ad una politica economica a metà strada tra socialismo e capitalismo, che ha prodotto oggi gruppi di potere, caste e castucce, che tengono tirato il freno a mano di questa potente automobile chiamata Italia che ha non solo tutti i fondamentali per uscire da questa crisi, ma ha anche le potenzialità per fare un salto in avanti importante.

Mancano i decreti attuativi. È passato quasi un anno da quando il governo ha iniziato a delineare il “Cresci Italia”. Un’opera faraonica che è diventata un’operazione politica modesta. In ogni passaggio ha perduto un pezzo, soprattutto in Parlamento e di fronte all’enorme pressione delle lobby. Così da arrivare a marzo già molto depotenziata. Dalla scorsa primavera ad oggi il governo ha fatto molta fatica a dare attuazione ai 98 articoli. Secondo l’esecutivo, infatti, sarebbero dovuti essere approvati 53 decreti attuativi. Tuttavia, ne sono stati approvati solo 11.

Farmacie e parafarmacie. Per ora la mini-liberalizzazione dei medicinali di Fascia C non ha sortito alcun effetto in termini di diminuzione dei prezzi dei medicinali, perché, accusano le associazioni delle parafarmacie, molti di quei medicinali hanno una richiesta piuttosto limitata. Attraverso un ricorso alla Corte Costituzionale e alla Corte Europea potrebbe arrivare la completa liberalizzazione. Per ora le parafarmacie attendono. Come attendono anche i farmacisti che vogliono avviare una nuova attività. Il governo aveva stabilito altre 5mila licenze ma per ora solo in alcune regioni è stata recepita la “liberalizzazione” (Lombardia, Veneto, Liguria e Lazio).

Taxi. Anche l’aumento delle licenze dei taxi è lettera morta. Infatti, la legge lascia ai sindaci (cioè all’ente più influenzabile dalla casta dei tassisti), la libertà di decidere di aumentare o meno le licenze. Allo stato attuale, tuttavia, gli stessi sindaci sono impossibilitati dal prendere qualsiasi decisione perché la legge prevede che l’Autorità dei Trasporti esprima il suo parere su ogni decisione dei primi cittadini. Ma l’Autorità, al momento, è sprovvista di guida politica, per via del veto incrociato dei vari partiti.

Avvocati e notai. Per notai e avvocati non esiste più una tariffa minima. Quindi il prezzo, anche se è stata scartata la possibilità di un preventivo scritto obbligatorio, è lasciato alla libera contrattazione tra il professionista e colui il quale si avvale dei suoi servizi. Tuttavia, il ministro Severino ha annunciato che il governo vuole fare un parziale passo indietro, con l’inserimento di scaglioni per gli atti immobiliari.

Assicurazioni. In fine, anche il settore assicurativo non ha ancora visto alcun cambiamento. Per ora non esiste la possibilità di istallare una scatola nera sulle auto al fine di avere uno sconto dalla compagnia. Non esiste ancora il registro dei danneggiati e dei testimoni (per evitare o comunque ridurre le truffe), e manca ancora l’unificazione nazionale delle tariffe Rc. Tutto questo avrebbe l’effetto di abbassare i costi. Ma per ora sia questo settore che gli altri non hanno dato la possibilità agli italiani di risparmiare.

Twitter: @PaoloRibichini

Comments

  1. È passato poco tempo dal collasso dell’economia causato dal liberismo sfrenato e già si torna a proporre ricette liberiste senza vergogna.
    Ad oggi non pare proprio che le liberalizzazioni abbiano portato benefici (assicurazioni, elettricità, gas, etc.) ma, con articoli come questo, si torna a plasmare le opinioni senza che si levi una voce contraria, anzi chi legge poi fa a gara a ripetere il conformismo diffuso dai media.
    Il giornalista si può permettere addirittura, nello stesso articolo dove chiede nuovi interventi liberisti, di citare uno studio della CGIA di Mestre che dimostra come, proprio con le liberalizzazioni, siano aumentati i prezzi, senza avvertire il senso del ridicolo.
    Come rappresentante sindacale di una delle categorie citate, posso solo fare notare che i sistemi taxi che vengono spesso presi a modello, non sono liberalizzati (New York ha i taxi contingentati e una licenza vale più di 500.000$), mentre dove il servizio è stato liberalizzato i costi per l’utenza (ma sarebbe meglio parlare di clientela perché il servizio cambia di molto) sono cresciuti.
    Giovanni Maggiolo UNICA FILT CGIL

    • PaoloRibichini

      Francamente non capisco la sua levata di scudi. Questo articolo parla semplicemente del fatto che le liberalizzazioni dei taxi non sono mai avvenute, nonostante le promesse del governo. Non si tratta di una critica ai tassisti.
      Però le ricordo due cose: in questo paese sono gli oligopoli, i monopoli e le privatizzazioni senza liberalizzazioni ad aver bloccato l’Italia, non certo le liberalizzazioni che, nei settori in cui sono state introdotte, hanno portato soltanto benefici come nel caso della telefonia mobile e fissa. Il fatto che lei citi uno studio della Cgia di Mestre (Associazione artigiani e piccole imprese) non può che sminuire la sua tesi, visto che viene da un’associazione di categoria che ha dimostrato in passato di non essere particolarmente attendibile.

      PS: comunque è stupefacente l’opera di persuasione sul web che segue la sua categoria.

      • Lo studio della Cgia di Mestre è stato citato dal giornalista non da noi, e anziché essere sminuito andrebbe confutato perché il dialogo possa essere proficuo. La telefonia mobile e fissa da lei citata ha solo goduto della diminuzione dei costi come tutto il resto del comparto della tecnologia, non è stata la liberalizzazione a produrre i suoi benefici effetti. D’altra parte qualsiasi professore di economia le potrebbe spiegare che di mercato in quel settore se ne trova veramente poco.
        Il nostro intervento a proposito dell’articolo non era nemmeno diretto a
        sostenere le ragioni dei tassisti, se non solo incidentalmente.
        Siamo in una situazione economica vergognosa, in un momento della storia in cui la produzione è ai massimi livelli, a costi molto bassi grazie al progresso tecnologico. In questo quadro stiamo assistendo al crollo del potere di acquisto per le classi non solo più povere, ma anche per le classi medie. Per la prima volta nella storia in assenza di guerre, una generazione riesce a guadagnare meno di quella dei genitori.
        Diritti sociali che si credevano naturali in una società ricca come la nostra, vengono messi in discussione. Sanità, istruzione, trasporti, giustizia e altro sembrano non essere più sostenibili economicamente.
        Come è possibile?
        Ho citato il settore dei taxi per dovere professionale e continuo comunque a
        pensare che siano i sindaci a dover emettere licenze se lo ritengono
        necessario, magari con bandi onerosi in modo da raccogliere fondi così come per altre concessioni, ma la palese mancanza di onestà intellettuale di chi ha proposto queste misure è ancora più evidente in altri settori.
        Che senso ha proporre la liberalizzazione dei benzinai quando tutto il mercato del petrolio del mondo è controllato dalle poche note compagnie? Non si riesce davvero a cogliere il senso del ridicolo in questo?
        La verità è che utilizzare luoghi comuni come “lobby”, “liberalizzazioni” per interpretare la realtà non aiuta nessuno, ma serve anzi ad indirizzare la rabbia verso lavoratori che faticano al nostro fianco nella società, mentre chi gode della disastrosa ripartizione delle ricchezze non viene minimamente scalfito.

        Giovanni
        Maggiolo

        UNICA
        FILT CGIL

  2. PaoloRibichini

    Vogliamo far finta che i tassisti non influiscano sulle decisioni politiche dei sindaci? Ricordo a tutti che sotto il Campidoglio, quasi 5 anni fa, c’erano i tassisti a festeggiare. Come mai?