Essere precari, due generazioni a confronto
Due scrivanie vicine nello stesso ufficio. Due passati lavorativi diversi e un presente da precarie condiviso. Sono Ester e Daria rispettivamente di 28 e 46 anni, entrambe assunte nella stessa società dopo lunghi periodi passati senza stipendio.
Generazione co.co.co. Per Ester è la prima occupazione. Il suo contratto, il classico co.co.pro., è stato rinnovato già quattro volte nonostante lavori da soli otto mesi. I suoi studi non le servono per ciò che fa. Le funzioni che svolge non sono paragonabili neanche a quelle di una segreteria. Per lei però, c’è la necessità di fare esperienza lavorativa. Di scrivere sul curriculum una frase in più dietro alla quale c’è tanta fatica e anche qualche lacrima.
Cinquant’anni e ricominciare. Daria lavora da vent’anni. È sempre stata assunta con contratti a tempo indeterminato e ottimi stipendi. Tutto questo fino a quando l’azienda per cui lavorava è fallita. Mesi passati senza essere pagata per poi essere licenziata insieme a tutti i suoi colleghi. Come riuscire a pagare l’affitto e le bollette erano sicuramente i problemi che non la facevano dormire la notte. Poi un colloquio e la proposta di assunzione con contratto a prestazione occasionale. E proprio il fatto di avere una casa da mandare avanti ha convinto il capo ad aumentarle lo stipendio fino a mille euro. Per Ester invece nessuna possibilità di contrattazione non avendo lei una famiglia perché vive ancora a casa con i suoi.
La fortuna di lavorare. I cammini di Ester e Daria si sono incrociati di fronte alla comune necessità di lavorare. Senza pause pranzo e con un capo che non ha né l’esperienza lavorativa di una né la preparazione accademica dell’altra, vanno avanti perché devono portare uno stipendio a casa. Nonostante le difficoltà e i sacrifici, entrambe si ritengono fortunate. “Ho tante amiche e colleghe dell’Università che ancora non sono riuscite a fare il loro ingresso nel mercato del lavoro, nonostante i tanti titoli di studio collezionati”, spiega Ester. “Ho visto colleghi disperati costretti a 50 anni a rimettersi in gioco, a ricominciare da capo, a sentirsi dire di no perché troppo anziani, a vivere con la paura di non riuscire a garantire il possibile ai propri figli”, racconta Daria.
Età ed esperienze diverse ma ora Ester e Daria vivono lo stesso presente sebbene avessero entrambe sperato in un futuro diverso. Generazioni a confronto che mostrano come i contratti a progetto, che qualche anno fa erano l’eccezione, ora sono la regola. Se pagare era un dovere ora è una discrezione. Se guadagnare 700-800 euro era una miseria ora è quasi una fortuna perché lavorare non è una possibilità che hanno tutti.
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28 45 anni…. e chi ha 35 anni e non trova lavoro come la mettiamo? si va a chieder aiuto alla camorra per un lavoro? si va a chiedere aiuto alla N’drangheta? molte mani pulite, le avete armate voi meschini bastardi massoni voi e la vostra società malata e creata a vostra immagine e somiglianza..tutta basata sulla materialità. Siete dei falliti nell’animo e comandare in questa esistenza terrena non vi renderà liberi nella prossima dimensione..
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Tre esperienze per indicare che le cose non sono sempre come indicate nell’articolo.
Sorella diplomata che lavora a tempo indeterminato dopo un anno circa di precariato.
Cognato nemmeno diplomato che da qualche anno lavora in area commerciale a tempo indeterminato, mutuo trentennale sulle spalle compreso.
Amico con terza media che lavora come operaio tecnico specializzato per media azienda facendosi il mazzo in giro per mezza Italia spesato e con auto aziendale.
Conoscente con dottorato ricercatore, assunto a tempo indeterminato presso un importante ente nazionale nel suo settore di specializzazione.
Conoscente ingegnere informatico assunto come risk manager da importante gruppo bancario dopo un anno di determinato.
E ce ne sono migliaia di casi simili.
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