E ora? La politica italiana dopo amministrative e referendum - Diritto di critica
Scritto per noi da Francesco Di Majo*
Sono stato contento del risultato delle amministrative di Napoli e Milano, ho tirato un bel sospiro di sollievo quando ho visto che il quorum era stato raggiunto e sono felice di respirare l’aria di uno straripamento, lento ma inesorabile, di tutta la pazienza mostrata nei confronti di questo esecutivo e del modo di fare politica che incarna. Disinteresse al bene comune, eccesso di “affari privati”, utilizzo sfacciato delle istituzioni e dei loro meccanismi per trovare il modo di “capare” il proprio tornaconto (anche e soprattutto squallidamente privato) sembra che possano aver i giorni ( o i mesi) contati. Sono contento perché il moto che è arrivato è quello dell’indignazione che finalmente trova il suo giusto sfogo; sono contento perché persone mediocri e mitomani come alcuni politici (a dire il vero non alcuni ma molti, quasi la maggioranza) stanno impazzendo perché il giochino delle dichiarazioni e degli arzigogoli semplicistici del botta-risposta sta candendo sotto tutto il peso delle realtà. Sono contento perché i moti di indignazione, al di là della fisiologica estremizzazione di alcuni, ha avuto la compostezza degna di chi sa quello che vuole, con ironia, leggerezza e fiducia nel futuro. Anche l’incazzatura, se serve, anche quella verbale contro esternazioni come quella del sedicente mancato premio Nobel Renato Brunetta o del (poco) onorevole Giorgio Stracquadanio: boutade che rientrano in quello di cui il popolo e i cittadini sono stanchi, ovverosia la superficialità di chi non ha altri argomenti se non quelli della “battuta” e della “rispostina” che forse strappa un sorriso a qualcuno. Ma parlo di cose che sappiamo tutti, che alcuni denunciano e su cui altri mentono sapendo di mentire.
Sono preoccupato perché chi vince non sa vincere; sono preoccupato perché non esiste una valida alternativa a tutto ciò contro cui si è mosso il comune sentire e sono preoccupato perché non c’è un’alternativa ma non c’è neanche un governo degno di chiamarsi tale. Sono preoccupato perché il Pd (che non ha vinto nulla, sia ben chiaro) non ha nessuna proposta quantomeno valutabile nel merito riguardo al precariato, alla perdita di potere d’acquisto dei salari, alla riforma fiscale (tranne il dibattito interno sulla patrimoniale e la tanto sbandierata lotta all’evasione che mai fece in passato neanche quando avrebbe potuto), ai tagli indiscriminati alla cultura, ai servizi sociali, etc etc etc. Hanno solo la capacità, molto poco impegnativa dal punto di vista intellettuale, di dare solidarietà, prendere parte a cortei (neanche tutti), dire (non spiegare) che hanno delle proposte. L’unica cosa che ho letto fu quella sorta di piano economico fatto di banalità mascherate con tabelle vecchie e stravecchie, con analisi dei dati a dir poco elementari, a cui però non seguiva nessuna ricetta credibile e/o applicabile. Sono preoccupato perché ho la sensazione, brutta, che davvero e non semplicisticamente, le differenze fra centro destra e centro sinistra, siano più che altro un mero atteggiamento formale, ma che nella sostanza siano della stessa pasta. Le “leccatine” a Tremonti, il bastone e carota sulle liberalizzazioni, l’occhio strizzato alla Lega, la non chiara posizione sui diritti civili e sulla laicità dello Stato, la non posizione unitaria sui referendum appena celebrati. E il completo appiattimento sull’antiberlusconismo senza produrre nulla di alternativo. Si parla solo di Silvio. Basta.
E poi ho a nausea le richieste di dimissioni del governo, una cantilena non meno fastidiosa delle barzellette di Berlusconi, i discorsi alla Camera di persone che si autoindorano prendendo forza dalle proprie parole. Appunto, parole. Non sopporto più la doppiezza di dichiarazioni che lasciano intendere l’immobilismo mascherato da falsa indignazione. Mi si dice di provare a cambiare le cose dall’interno. Rispondo no, non voglio entrare in un meccanismo che non mi piace (il masochismo della sinistra non mi appartiene), vorrei altresì partecipare a qualcosa e non cambiarlo dall’interno. Bravo, mi si risponde, è facile criticare ma poi…. Ma scusate, se ammettete che ci vorrebbe un cambiamento dall’interno, fatelo voi che siete già dentro. Volete i sottotitoli? Vedo nebbia, solo indecisione e mani che si sfregano aspettando di fare carne di porco quando sarà il loro turno… E non mi soffermo sui quasi patetici panegirici di Vendola, che hanno rotto i timpani, se non qualcos’altro: fanno piacere a sentirli ma poco hanno a che fare con la voglia che ho (io, non parlo di altri) di cose su cui ragionare e non su cui essere solo d’accordo. Di Pietro? Per favore, il partito patriarcale non mi ha mai convinto. Grillo? Mah, si può pure essere d’accordo, molto stimolante, ma giusto un Supradyn per poi vivere sul serio.
Il Nulla. Solo parole. E tante risate con Crozza. Per ora questo.
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*Giornalista, collabora con il Sole 24 Ore e l’Opinione.
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Solo perché non se ne parla alla tv non significa che una proposta “dall’interno” di sinistra non ci sia. Evidentemente non la si vuole ascoltare o non si vuole che qualcuno la possa ascoltare.
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