L’Inghilterra e il sindacato dei calciatori ‘‘neri’’, ecco il piano anti-razzismo
La notizia rischia di creare un terremoto in Premier League, ma anche in tutto il calcio professionistico. L’idea di un sindacato di calciatori “neri”, separato da quello dei colleghi “bianchi” non ha precedenti nella storia del pallone e potrebbe creare una sorta di apartheid sportiva. E’ il calciatore del Manchester United Rio Ferdinand a proporre la suggestione. Nelle settimane scorse il fratello di Ferdinand, Anton, è stato vittima di insulti razzisti da parte dell’allora capitano della nazionale inglese John Terry. A causa delle squalifiche considerate troppo morbide, Rio Ferdinand e una trentina di calciatori, che militano in Premier League, hanno rifiutato di indossare una maglietta della FA per una manifestazione antirazzismo.
Il capitano del Chelsea Terry, al centro dello scandalo, ha dovuto indossare la fascia “Unite against racisme” dell’Uefa. Il problema del razzismo in Inghilterra è molto sentito. L’ex ct della nazionale Fabio Capello lasciò il suo incarico perché in dissidio con la federazione britannica che si era schierata contro Terry, all’epoca ancora in attesa di giudizio. Il giocatore, prosciolto dalla giustizia ordinaria, a quasi un anno di distanza dall’accaduto, è stato squalificato per un mese della FA. Come dimenticare, poi, il famoso caso del calciatore del Liverpool Suarez, squalificato per 8 giornate in seguito agli insulti razzisti rivolti al calciatore del Manchester United Evra.
Tutti i principali esponenti del calcio inglese, come l’allenatore dell’Arsenal Wenger e quello del Manchester United Sir Alex Ferguson, si sono espressi nettamente contro l’istituzione di un sindacato che vada a dividere il totale dei calciatori della Premier League.
In fretta e furia, nei giorni scorsi, è stato varato un nuovo piano, in sei punti, di lotta al razzismo: 1- riduzione dei tempi per i provvedimenti disciplinari; 2- inasprimento delle pene disciplinari; 3- mutuazione dalla NFL statunitense (lega di football) della “Rooney Rule” che obbliga i club di tutti i livelli a consultare e fare proposte anche a coach di colore; 4- controllo sull’impiego dei allenatori di colore, meno presenti in tutto il calcio britannico; 5- conseguenze anche a livello contrattuale (rescissioni forzate, penali) in caso di abusi e discriminazioni a sfondo razziale; 6- le stesse norme valgono per ogni tipo di discriminazione, non solo razziale, ma anche a sfondo sessuale, religioso e politico.