Senza lavoro, tra le giovani del sud solo due su cinque hanno un impiego
Niente lavoro per le donne del Sud. Secondo l’Istat, infatti, tra le giovani meridionali tra i 15 e i 29 anni, solo il 16,9% ha un impiego: il tasso più basso dal secondo trimestre del 2004, da quando cioè l’Istituto di statistica ha cominciato le sue serie storiche. Se è vero che in questa fascia dobbiamo necessariamente tenere conto dell’alto numero di studentesse che incidono in modo notevole sul risultato, è altrettanto vero che se circoscrivessimo il dato alla fascia 18-29 anni otterremmo un miglioramento di poco consolante: solo il 20,7% ha un posto di lavoro. Va da sé, di contro, che il tasso di disoccupazione giovanile delle donne meridionali supera il 39%, ben tre punti in più rispetto alla media nazionale (che ha ormai sfondato quota 36%).
Donne del nord e quelle del sud. In un confronto tra Nord e Sud del Paese, poi, la situazione diventa ancora più preoccupante: le donne settentrionali, tra i 18 e i 29 anni, hanno un tasso di occupazione al 45,7%, ben oltre la media nazionale che si attesta al 34%. Ma ancora peggio vanno le cose in un confronto con l’altro sesso: al Sud, gli uomini che lavorano sono il 56%.
“Una segregazione occupazionale”. E se non bastassero i dati Istat a dare il senso di un Paese alla deriva, ci sono anche quelli dello Svimez di fine settembre: “Non è esagerato oggi parlare di una vera e propria segregazione occupazionale delle donne, che nel Mezzogiorno scontano una precarietà lavorativa maggiore sia nel confronto con i maschi del Sud, sia con le donne del resto del Paese”. E ancora: “Se da un lato la quota di donne meridionali occupate con un contratto a tempo parziale (27,3%) è inferiore di quasi 3 punti rispetto a quella del Centro-Nord (29,9%), dall’altro l’aspetto più allarmante è che il 67,6% di queste lavora part-time perché non ha trovato un lavoro a tempo pieno”.
L’inattività. Ma nella fotografia impietosa che l’associazione fa, il dato più preoccupante è quello sull’inattività: al Sud, due donne su tre sono inattive. La terza, con tutta probabilità, contribuisce a quel processo di “femminilizzazione delle campagne” che, secondo Coldiretti, vede oggi oltre 280mila donne su 406mila al lavoro proprio nel Meridione.
Gli scoraggiati, anzi le scoraggiate. Proprio ieri la Bce ha chiesto all’Italia di inserire, nel conteggio sui disoccupati, anche gli “scoraggiati”, cioè coloro che, non trovando lavoro, hanno smesso di cercarlo: in questo modo, la disoccupazione salirebbe al 12,5%, 4 punti in più rispetto ai dati ufficiali forniti dal nostro Paese. Segno, anche questo, che la crisi ha falciato non sono le chance di trovare un lavoro e di trovarlo, possibilmente, in linea con la competenze e le aspirazioni, ma ha distrutto anche le speranze. Soprattutto quelle delle donne, che tra clausole di maternità, possibilità (al Sud ma anche al Nord) e una società ancora fortemente maschilista, in cui neanche il lavoro casalingo viene riconosciuto con un salario, si trovano ancora una volta ai margini di un Paese che rischia il collasso. E che sceglie, volontariamente, di non ripartire da loro.