Patatrac Campidoglio, la roulette delle candidature per la poltrona di sindaco
La poltrona di primo cittadino del Campidoglio, che fra qualche mese sarà di nuovo messa all’asta della pubblica opinione, sta lacerando le già provate “intellighenzie” del centrodestra e del centrosinistra, romano e laziale. Non foss’altro che gli ultimi, forti della già annunciata candidatura di Nicola Zingaretti come possibile futuro sindaco della Capitale, erano sicuri dell’indirizzo cui spedire il proprio sostegno. Ma l’interessato ha ribaltato il mazzo delle alleanze, lanciando la sua candidatura alla Regione Lazio, abbandonata anzitempo da Renata Polverini, colpita (suo malgrado?) dagli scandali provocati dal gruppo Pdl alla Pisana.
In ossequio all’immancabile valzer dei nomi papabili, il centrosinistra, e il Pd in prima linea, stanno bollendo nella pentola degli equilibri politici, interni e di alleanza, le varie ipotesi di futura (prossima) candidatura al Palazzo Senatorio. Non meno del centrodestra, “orfano” di un Pdl ormai impresentabile agli elettori nella sua attuale veste d’innegabile “malcostume diffuso”, indeciso sull’opportunità di una seconda volta di Alemanno e tirato dalle correnti verso la scelta delle primarie per decidere chi, fra i nomi in corsa, potrebbe concorrere sia contro Alemanno all’interno della coalizione, sia contro il candidato (per ora fantasma) del centrosinistra.
Alemanno, dal canto suo, ha già appurato che, dopo un lungo studio “commissionato” all’avvocatura del Campidoglio, potrebbe giocare la carta della doppia candidatura (Comune e Parlamento) senza uscire dai paletti delle attuali leggi e dotandosi di un paracadute bifronte. Forte di un mandato ancora in atto e del caos interno al partito, probabilmente Alemanno si auto-ricandiderà senza grandi opposizioni interne. A maggior ragione ora che il nome di Giorgia Meloni (indicato più volte come candidatura forte su Roma) si sta spendendo nei corridoi del centrodestra come possibile candidata alla Regione Lazio contro Zingaretti, facendo forza anche sulla “sfida di genere”.
Tramonterebbe, in questo scenario, l’interessante ipotesi di una sfida “rosa” per il Campidoglio, che avrebbe potuto vedere contrapposte, sui manifesti elettorali che invaderanno i muri di Roma, Giorgia Meloni da una parte, e una donna di centrosinistra, a scelta fra Concita de Gregorio (in verità più papabile per andare a occupare uno scranno a Montecitorio con la vecchia legge elettorale dei calati dall’alto senza faticare in giro a chiedere voti) o Giovanna Melandri, deputato, ex ministro, ormai esperta di amministrazione e “donna forte” del partito (democratico ora, Pci, Pds e Ds prima). A meno di una volontà politica che sposi il “topic” della “sfida di genere” anche a Roma. Ma, stante la non ancora chiara ricandidatura di Alemanno al Campidoglio, chi candiderà il centrosinistra?
Vero è che i criteri di scelta di un candidato sono improntati, da vent’anni a questa parte, solo alla popolarità (e riconoscibilità) di una persona più che alla sua competenza. Ed ecco che, tracciando la linea nel solco dell’irrinunciabile “apparenza”, iniziata quasi due decenni fa con Piero Badaloni eletto per il centrosinistra alla Regione Lazio, è spuntato il nome di un altro giornalista papabile, in questo momento europarlamentare del Pd, più che riconoscibile da tutti i cittadini: David Sassoli. Un nome che scavalca in popolarità quelli più competenti di Jean Leonard Touadì (parlamentare e già assessore in Campidoglio), Roberto Morassut (parlamentare anche lui e anche lui già assessore nell’èra veltroniana) ed Enrico Gasbarra, già Presidente della Provincia di Roma ma più orientato, per sua natura, all’amministrazione del potere più che alla gestione di un ente complesso come la Capitale.
Va inoltre detto che, a oggi, articoli come questo, sono esclusivamente esercizi di scrittura, visto che gli equilibri e le voci cambiano al ritmo delle quotidiane maree.
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