Escalation di violenze nel Kurdistan. Assad vuole destabilizzare la Turchia
Oltre alla Siria, ai confini della Turchia si combatte anche un’altra guerra. Quella lenta e silenziosa del Kurdistan. È un conflitto che dall’inizio del 2012 ha visto morire 600 persone, circa 500 i ribelli un centinaio i soldati turchi. Un’escalation che sembra accelerare proprio in questi ultimi giorni con un centinaio di morti tra ribelli, terroristi e militari.
Il Kurdistan si infiamma. Si tratta di un problema che sta riemergendo con forza in Turchia e che non trova spazio sui comuni mezzi di informazione a causa del conflitto siriano. Eppure un numero così alto di morti, di scontri e di attentati non si registrava sul territorio turco dal 1999 quando fu catturato il leader del Partito curdo Abdullah Ocalan (noto per aver vissuto a Roma sotto la protezione del governo italiano, poche settimane prima della cattura). L’ultima strage domenica 16 settembre. Un assalto dei miliziani curdi contro un convoglio militare ha causato la morte di dieci reclute, mentre 70 soldati hanno riportato ferite più o meno gravi. Il venerdì precedente sono stati uccisi otto poliziotti e quattro militari. Mercoledì scorso, invece, è rimasto gravemente ferito il procuratore capo di Ovacik, Murat Uzun in un attacco condotto da due miliziani.
Siria e Kurdistan, conflitti paralleli. Si tratta di un conflitto parallelo rispetto a quello siriano, ma decisamente connesso. Il governo turco ritiene che il regime siriano stia cercando di foraggiare il Pkk per destabilizzare il Kurdistan e distogliere Ankara dall’appoggio che sta fornendo ai ribelli sunniti. Non a caso, infatti, l’escalation di scontri e attentati in territorio turco sono aumentati a luglio, proprio quando si faceva più aspro il conflitto in Siria e i ribelli sembravano avere la meglio sulle milizie governative.
L’inutile repressione. Il governo turco ha messo in campo – lungo i suoi confini sud-orientali – decine di migliaia di soldati, elicotteri e aerei da guerra, oltre ai droni forniti dagli Usa. Ma senza successo. I ribelli curdi preparano attacchi lampo per poi ritirarsi sulle montagne, ma spesso cercano anche di conquistare fette importanti di territorio. Così monta un certo malcontento popolare. L’aggressiva politica turca nel mediterraneo orientale sembra non dare più i frutti sperati. Anzi, sta inasprendo i rapporti con i propri vicini e di riflesso la Turchia sta pagando un prezzo molto alto in termini di destabilizzazione interna.
Twitter: @PaoloRibichini