Film e vignette, il mondo arabo in rivolta. Ma si tratta realmente di blasfemia?
Nuove vignette satiriche su Maometto. Il Profeta questa volta viene ritratto in alcune posizioni osé nelle immagini pubblicate nella mattina di ieri sul giornale satirico francese Charlie Hebdo.
Provocazioni “giornalistiche”. Non è la prima volta che il settimanale francese finisce nell’occhio del ciclone per aver pubblicato vignette considerate offensive dai musulmani, tant’è che nel 2011 la sede della redazione fu posta sotto sorveglianza dalla polizia a seguito di un attentato incendiario.
Una situazione esplosiva. Dopo il film “The Innocence of Islam”, che ha scatenato violente reazioni ed assalti ad ambasciate in molti paesi islamici, causando anche la morte dell’ambasciatore Usa in Libia Christopher Stevens, la situazione rischia di infiammarsi ulteriormente. Il governo francese ha deciso, quindi, la chiusura di ambasciate e scuole francesi in ben 20 paesi per la giornata di venerdì, nel timore che possano verificarsi assalti simili a quelli dei giorni passati.
Vietate le manifestazioni in Francia. In Francia intanto il governo ha vietato manifestazioni di protesta in quanto, come affermato dal premier Ayrault, si tratta di episodi che non riguardano il contesto francese. Egli ha poi aggiunto che in Francia “sono in vigore delle leggi e se qualcuno pensa che queste siano state violate può rivolgersi alla magistratura”. Chiare prese di posizione anche da parte dell’imam di Parigi, Dalil Boubakeur e del Presidente del Consiglio francese per il culto musulmano, Mohammed Moussaoui, che invitano i musulmani a non rispondere alle provocazioni.
I dubbi. Nel frattempo la Lega Araba protesta, chiede di mettere un freno alle satire e cerca di arrivare ad un accordo internazionale per proibire la blasfemia e l’attacco ai simboli religiosi. Ma perché tante proteste per alcune vignette mentre nemmeno un parola quando le truppe di Assad dissacravano le moschee sunnite in Siria? Come mai nonostante a tutt’oggi non siano chiare né l’identità e né la cittadinanza dell’autore del film, nell’arco di poche ore si è scatenato il pandemonio non solo contro le ambasciate Usa ma anche contro quelle di Gran Bretagna e Germania?
“Non è blasfemia”. Forse la blasfemia poco c’entra con queste proteste. Una blasfemia che viene addirittura messa in discussione da un prominente teologo pakistano nonché fondatore di un grande centro di studi islamici, Ahmed Javed Ghamidi, scampato ad un attentato degli estremisti islamici e costretto a rifugiarsi in Malaysia. Secondo Ghamidi le leggi anti blasfemia non trovano alcun fondamento nell’Islam, non sono presenti nel Corano e neanche negli Hadith, ma sono piuttosto l’invenzione di alcuni ulema e purtroppo vengono spesso utilizzate per perseguitare le minoranze o per regolare conti personali. Edip Yuskel, studioso turco autore di numerose pubblicazioni sul riformismo islamico, ha poi sottolineato come vi è stata una vera e propria espansione del concetto di “sacro” nel monoteismo islamico che ha portato ad includervi man mano anche il profeta Maometto, le mogli del profeta, i compagni del profeta, i profeti precedenti e gli hadith.
Anche la lingua araba è “sacra”. Si è giunti persino a “sacralizzare” la lingua araba, infatti numerosi sono coloro i quali sostengono che la preghiera non ha alcun valore se non viene recitata in arabo, che il Corano non può essere letto che in arabo e che non andrebbe tradotto in altre lingue. Le ragioni sono spesso legate al controllo sociale in quanto a certi religiosi fa comodo che i credenti dipendano dalla propria interpretazione. Alcuni teologi sono addirittura giunti a sostenere che “Allah” sia il nome proprio di Dio, andando non solo contro le basi della lingua araba che loro stessi dovrebbero conoscere (Allah è la fusione dell’articolo determinativo “al” con “ilah”, divinità, quindi “La Divinità”), ma trasformando un Dio universale in un Dio dai connotati prettamente arabeggianti.
Il paradosso. Si è dunque di fronte a un paradosso: se da una parte, come sostenuto da Ghamidi, le leggi anti-blasfemia non trovano alcun fondamento nelle fonti primarie islamiche, dall’altro vi è stata una progressiva estensione del concetto di “sacro” ad elementi umani che esulano da tale ambito. Dunque è possibile che il musulmano non si adiri per la blasfemia in sé, quanto per ciò che interpreta come un insulto ad una tradizione con cui si identifica e che contrappone alle altre. La religione a questo punto diventa qualcosa di “partigiano”. L’identificazione a una determinata tradizione non può però avere la pretesa di sacralità a meno che non si compia un “estensione forzata” del concetto di sacro anche ad elementi umani. Questa identificazione ha motivazioni ben precise che sono ben lontane dalla religione, ma trovano le proprie fondamenta in una serie di insuccessi che hanno caratterizzato i paesi islamici fin dalla metà del ventesimo secolo, ovvero il fallimento del Panrabaismo; la pessima politica dei singoli paesi che sono risultati incapaci di far fronte alle esigenze della popolazione; tre guerre perse con Israele, paese che viene percepito come corpo estraneo imposto dall’Occidente; i numerosi interventi occidentali in Medio Oriente. Tutti elementi che hanno portato a un incremento della rabbia nel mondo islamico, il quale ha trovato nella religione un estremo rimedio.
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Purtroppo anche la religione viene usata per altri scopi, ma Dio è uno solo e ognuno può vederlo in modo diverso. Le religioni dovrebbero unire e non dividere, avere come unico scopo l’amore e l’aiuto reciproco.Poi si possono chiamare in modo diverso, si può pregare in modo diverso, ma è sempre a Dio che ci si rivolge, quindi amore e rispetto da parte di tutti.
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Diglielo al pastore americano – più perchè frequenta le pecore che per qualità spirituali – che si diverte a bruciare il corano in pubblico.
La morale bietta americanoide è: se bruci il corano nulla da dire, se bruci la bandiera americana invece arrestano.
Non basta leggere le notizie per essere consapevoli di quello che sta accadendo ed il perchè, bisogna piuttosto riflettere attentamente su quello che si legge per evitare di fare proprio inconsapevolmente il messaggio subliminale inserito.
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