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Diritto di critica | November 19, 2024

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Scaramucce di guerra con l'Iran, parte la maxiesercitazione nello stretto di Hormutz

Navi da guerra, portaerei e dragamine di venticinque differenti paesi stanno convergendo verso lo Stretto di Hormuz per l’ennesima esercitazione militare congiunta nel Golfo Persico della durata di dodici giorni. Il timore è che l’Iran, in seguito a un potenziale attacco alle proprie installazioni nucleari da parte dell’aviazione israeliana, possa procedere a un blocco dello Stretto, con conseguenze devastanti sul commercio petrolifero e sui diciotto milioni di barili che vi transitano quotidianamente.

Secondo il Telegraph nella flotta USA sono presenti dodici navi da guerra tra cui incrociatori dotati di missili cruise, fregate, navi da assalto con migliaia di marines e forze speciali ed anche tre portaerei Nimitz, ciascuna delle quali con a bordo più caccia dell’intera aviazione iraniana.

La Gran Bretagna ha invece schierato quattro dragamine, la Royal Fleet Auxiliary Cardigan Bay e la HMS Diamond, una delle navi da guerra più potenti della marina britannica e del valore di un bilione di euro.

L’Iran dal canto suo non sta certo a guardare ed ha programmato per il prossimo mese una imponente esercitazione congiunta con Guardie Rivoluzionarie ed aviazione che prevede anche l’utilizzo di missili terra aria e droni senza equipaggio. Il governo di Teheran vuole dimostrare la propria capacità di difendere i suoi siti nucleari e militari da un potenziale attacco e di essere in grado di contrattaccare in modo pesante. Uno spauracchio che ormai si ripete periodicamente, con relativi pezzi sui vari quotidiani e telegiornali; la guerra all’Iran sembra da tempo imminente ma, fortunatamente, per il momento si è rimasti ad un reciproco “mostrare i muscoli”.

Siamo dunque di fronte all’ennesimo tentativo da parte dell’Occidente di lanciare un segnale al regime iraniano anche se probabilmente è improprio utilizzare il termine “Occidente”, considerato che tra i paesi partecipanti ai “war games” ci sono anche Arabia Saudita ed Emirati Arabi, i quali hanno tutto l’interesse affinchè il petrolio continui a varcare liberamente lo Stretto di Hormuz e che da tempo portano avanti un vero e proprio braccio di ferro con l’Iran per il controllo del Golfo Persico.

Non è un caso che il Bahrein, piccolo paese del golfo a maggioranza sciita ma dove regna una monarchia sunnita-wahabita vicina al Regno saudita, vi siano continue rivolte che nel 2011 portarono all’intervento militare di Arabia Saudita ed Emirati Arabi in supporto alla monarchia locale per scongiurare che il paese cadesse in mano agli sciiti e, conseguentemente, finisse sotto un potenziale controllo iraniano. In quell’occasione l’Occidente non mosse un dito, nessuno si preoccupò di portare la democrazia in questo piccolo paese del golfo governato da una monarchia di stampo wahabita tutt’altro che democratica e per giunta invasa da truppe di paesi anche loro ben lontani dalla democrazia ma senza ombra di dubbio ottimi per fare affari.

Non vi sono dubbi sul fatto che in Iran vi sia al potere un regime dispotico, contrario alla volontà dei propri cittadini, che soffoca ogni tentativo di dissenso  e che ha più volte affermato la volontà di voler cancellare Israele dalla cartina geografica e non vi sono dubbi sul diritto da parte dei cittadini iraniani di poter scegliere liberamente i propri rappresentanti, senza elezioni farsa e senza intimidazioni; bisogna però riconoscere che le “motivazioni democratiche” per giustificare una guerra non stanno più in piedi da molto tempo.

Dunque ci sarà o no una guerra con l’Iran? O resterà solo un costante grido di allarme? In realtà questa guerra potrebbe già essere iniziata con la rivolta in Siria, una guerra “interna” ma appoggiata dall’esterno, nel tentativo di mettere fuori gioco l’unico alleato dell’Iran in Medio Oriente e spezzare così l’asse sciita che fornirebbe altrimenti un pericolosissimo sbocco sul Mediterraneo.