Paralimpiadi e asilo politico, la squadra del Congo chiede aiuto alla Gran Bretagna - Diritto di critica
Una violenza diffusa e una persecuzione degli oppositori politici, da quando l’attuale presidente della Repubblica Democratica del Congo Joseph Kabila è stato riconfermato alle elezioni nel novembre del 2011, stanno gettando il paese in un clima da guerra civile. Sei sportivi, tra atleti e allenatori della squadra olimpica e paralimpica del Congo, si sono rivolti alla Gran Bretagna per ottenere lo status di rifugiato politico, sfuggendo così alle persecuzioni e alle violazioni dei diritti umani nel proprio paese. La situazione è degenerata dopo la rielezione di Kabila, nonostante le contestazioni, in sede elettorale, da parte dello sfidante Etienne Tshisekedi
Diversi atleti hanno sostenuto la campagna “Stop Kabila now”, promossa dai dissidenti congolesi e alcuni di loro, in occasione delle Olimpiadi, si sono commossi mentre parlavano degli eventi drammatici in patria. All’interno della squadra congolese sono presenti delle spaccature. Per esempio, a uno degli atleti, che ha come cognome quello del leader dell’opposizione Tshisekedi, non è stato permesso di partecipare ai Giochi. L’attuale presidente del Congo, nel gennaio del 2001, all’età di 29 anni assunse la guida del paese dopo l’assassinio del padre Laurent–Desiré Kabila. Il giovane leader, ancora inesperto, cercò di mettere fine alla guerra civile nel paese, allontanando le truppe straniere, con alterni risultati.
L’accordo di pace del 2002, a Sun City in Sudafrica, ufficialmente pose fine alla “Seconda guerra del Congo”, lasciando Joseph Kabila alla guida del paese e un governo ad interim formato dai leader dei due principali gruppi ribelli. Dal 2006 a oggi il potere è stato sempre nelle mani di Kabila. Ora, la mossa dei componenti dello staff olimpico potrebbe comportare conseguenze diplomatiche imprevedibili tra Congo e Gran Bretagna. I richiedenti asilo hanno criticato il governo congolese sul canale tv africano Ben. “Mio fratello era un sostenitore dell’opposizione – ha raccontato uno degli atleti –. Gli hanno sparato ed è morto il giorno delle elezioni. La situazione è così grave in Congo che abbiamo bisogno di una reale protezione dalla Gran Bretagna. A rischiare – ha raccontato l’atleta congolese – non è solo l’individuo, ma anche i suoi amici e famigliari”.
Kimbata, che ha perso le gambe a causa di una mina anti-uomo, non ha beneficiato di aiuti da parte del governo congolese: “Sono un corridore con la sedia a rotelle, ma ne possiedo solo una ortopedica, che deve essere spinta”. L’equipaggiamento per l’attività sportiva agonistica degli atleti disabili rappresenta una problematica non di poco conto, che andrebbe affrontata diversamente dal CIO e dalle federazioni nazionali.
Tornando al Congo, sono ampiamente documentati i casi di violazione dei diritti umani. Una delegazione dei funzionari dell’Agenzia di frontiera del Regno Unito è, attualmente, in Congo per istruire le denunce di persecuzione per i richiedenti asilo politico ai quali è stato negato tale diritto. Il legale della squadra congolese Hani Zubeidi ha riferito che la richiesta di asilo politico sarà inoltrata dopo la cerimonia di chiusura dei Giochi: “Spero che il ministero degli Interni conceda loro un appuntamento senza indugio. A volte ci vogliono delle settimane prima di poter presentare la loro richiesta, ma questa situazione dovrebbe essere affrontata con urgenza”.