Renzi, il nuovo nemico del Pd
L’ANALISI – Adesso Bersani ha almeno due fronti aperti su cui combattere: da una parte il comico Beppe Grillo che con il suo populismo mette in difficoltà i grandi partiti (nemico comune a Pd e Pdl), dall’altra il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che, a differenza del comico genovese, qualche voto in vita sua se l’è guadagnato e amministra una città. Tra i due fuochi, l’entourage “storico” del Pd, nervoso e sempre più in difficoltà, alla guida di un partito con tanti, troppi nodi irrisolti: a partire dall’età e dal curriculum “inamovibile” dei suoi leader interni.
La solita retorica del giovanilismo. Da D’Alema a Bersani, passando per la Bindi, quella di Renzi è una retorica facile – ripetuta dai tempi della Leopolda e prima ancora (nel 2009) alle amministrative per Firenze – fondata sull’opportunità di sostituire i “vecchi” con “facce nuove”, di programma concreto ancora si sente poco parlare. Le “facce nuove”, secondo quanto vorrebbe suggerire certa retorica politica, per non si sa quale principio dovrebbero essere sinonimo di buone prassi ed etica. Ma il gioco non è esattamente così semplice. Ed è riduttivo anche dichiarare – come ha fatto Renzi – “mi fido più dei cittadini che dei segretari di partito”. E’ la retorica del populismo imperante che sempre più si sta diffondendo tra i candidati alle prossime elezioni (quando saranno) o alle primarie: la politica che di se stessa dice tutto il peggio, nell’illusione e con la promessa di innovarsi una volta al governo.
Il non-programma di Renzi. Di programma, però, Renzi parla poco – qualche accenno sull’evasione fiscale l’ha fatto l’altro ieri, con la proposta di “hacker che incrociando i dati riescano a trovare i veri evasori” -, tutto è basato sulla contrapposizione vecchio/nuovo. Nel 2011, in un colloquio con Lina Palmerini del Sole 24 Ore, Renzi diede qualche indicazione sulla sua ricetta per l’Italia ma ad oggi si può solo andare a ripescare qui e lì tra libri, dichiarazioni e interviste. L’unico precedente sono i 100 punti proposti alla Leopolda, un mix di intenzioni già viste, raccattate a piene mani dai diversi schieramenti politici, senza tralasciare nemmeno Beppe Grillo. Una sorta di “Big Bang” a bassa intensità.
La futura coalizione difende il Pd. E nell’ottica della futura coalizione, un aiuto al segretario Bersani è arrivato oggi anche dal governatore della Puglia e leader di Sel, Nichi Vendola. Che mentre si premura di comunicare alla stampa la sua intenzione di sposarsi con il compagno, su Renzi taglia corto: “è un jue-box di banalità”. Mentre tre giorni fa era stato il leader centrista Pierferdinando Casini a sottolineare dalle colonne della Stampa che “se Matteo vincesse, sarebbe inevitabile una scissione ‘da sinistra’ nel Pd: e l’effetto paradossale sarebbe quello di rapporti ancor più stretti tra noi e il Pd targato Renzi. Ma io non me lo auguro, perchè alzo lo sguardo oltre lefaccende di partito e dico che rischiamo grosso. Fa ridere immaginare che al prossimo vertice con la Merkel l’Italia non mandi Monti ma Renzi. E finchè rido io, non c’è problema: ma se cominciano a ridere in giro per l’Europa, altrochè se il problema c’è…”. A stretto giro ieri la risposta del sindaco di Firenze: “Casini dice che non sono autorevole alla guida del governo. Dimostrerò che non è così, l’onere della prova tocca a noi”. In sospetto fuorigioco giunge Grillo, secondo cui Renzi è un Signor Nessuno.
Crozza, ti prego. E come ogni leader della sinistra che conta, Renzi vorrebbe il sostegno e la visibilità di comici che hanno contribuito a rendere “simpatici” al grande pubblico leader come Pierluigi Bersani, tanto da tirare per la giacchetta proprio Maurizio Crozza di Ballarò: “Ho inaugurato – scrive il sindaco di Firenze su Facebook – un asilo nido, quello di via Marchetti della Menarini. Immagino le battute di Crozza”.
Renzi – Grillo: 1 a 0. Nonostante il populismo, però, bisogna ammettere che Renzi ha una marcia in più rispetto all’unico “sfasciatutto” di questi tempi: Beppe Grillo. Il sindaco di Firenze, infatti, propone temi molto simili a quelli del comico genovese ma lo fa da “eletto” dai cittadini – “dal basso”, come si suol dire – e non da nominato in Parlamento. Due variabili che forse spaventano i grandi leader e anche chi – come Grillo – in Parlamento non ha mai messo piede e critica proprio loro, i nominati. Renzi è fuori bersaglio.