Viaggio nelle prigioni siriane
“Era il 17 maggio quando mi sono presentato al check- point dell’esercito davanti a Tal-Kalakh, una località al confine con il Libano. Ho atteso circa due ore per avere il permesso per entrare in città, fino a quando degli uomini armati me lo hanno concesso a condizione che li accompagnassi su uno dei loro mezzi. È stato l’inizio dell’inferno”. Così inizia la descrizione della sua prigionia Pierre Piccinin, politologo e storico belga che si era recato in Siria per degli studi e che descriva la sua drammatica esperienza in un articolo di Le Monde.
Il suo cellulare è stato subito sequestrato e lui ammanettato per essere portato in prigione ad Homs. Le urla assordanti, le tracce di sangue e vomito, le unghie strappate e gli aghi non lasciavano dubbi su quello che sarebbe successo. La scoperta di foto con i combattenti dell’ASL (Esercito Siriano Libero) a Tal- Bisher sulla chiavetta USB, era stata determinante. Sospettato di essere un agente segreto francese, Piccinin è stato sottoposto ad un interrogatorio sotto tortura. Dopo essere stato picchiato con violenza sono iniziate le scariche elettriche, sempre più forti “avevo la sensazione di bruciare”.
“Portano i cadaveri, continuamente. Iniziano ad attaccare le persone nei corridoi, poi passano all’elettricità, poi le picchiano a morte. Le persone erano lasciate morte nei corridoi. È la catena della tortura”. Quando le autorità hanno compreso che Piccinin non rappresentava alcun pericolo, lo hanno trasferito al carcere di Bab al-Musalla per poi essere espulso dal territorio. In carcere con altri prigionieri politici, ha conosciuto una solidarietà senza precedenti, quell’umanità che emerge nei momenti più disperati “mi hanno curato, mi hanno dato da mangiare, mi hanno aiutato a lavarmi e prestato una stuoia e una coperta. Alcuni di loro si trovavano lì da più di due anni. Ahmed mi ha raccontato i suoi 28 giorni di torture, come fosse stato picchiato continuamente con cavi e bastoni più volte al giorno per circa un mese”. Origini, storie e culture diverse ma tutti intrappolati nella stessa situazione kafkiana. Proprio grazie agli altri prigionieri, corrompendo una guardia, Piccinin è riuscito ad avvertire il Ministero degli Esteri belga che ha subito provveduto a farlo liberare.
“Fino ad oggi, per quanto riguarda la Siria, ho sempre difeso i principi del rispetto della sovranità nazionale e della non ingerenza. Ho denunciato le guerre neocoloniali condotte in Afghanistan, in Iraq e in Libia, nate da appetiti economici e considerazioni geostrategiche e in cui gli scopi umanitari non erano che pretesti” Intorno alla Siria una rete di interessi ed equilibri “su un piano geostrategico il governo di Bashar al- Assad ha il sostegno oggettivo degli Stati Uniti, che dal 2001 conducono una politica di riavvicinamento nei suoi confronti; di Israele che si felicita di un vicino che le garantisce una perfetta sicurezza sulla frontiera del Golan; dell’Unione Europea che compra il 98% del petrolio e che guarda con preoccupazione una destabilizzazione di questo Paese che rappresenta il perno del Medio Oriente; della Cina e della Russia di cui la Siria è l’ultimo alleato arabo. Un intervento militare occidentale che forzerebbe la posizione russa, costituirebbe un caso unico d’impegno assunto dalle potenze in un’impresa dalla quale non trarrebbero alcun profitto”.