Libano, il paese che vieta l'ingresso in spiaggia alle domestiche
Ingresso in spiaggia vietato alle domestiche straniere. In Libano, dove la maggior parte delle spiagge sono private, la razza e la classe sociale sono requisiti fondamentali per selezionare i bagnanti. E in spiaggia come in piscina, le collaboratrici domestiche non sono gradite. Una vera e propria politica discriminatoria contro la quale sta combattendo l’organizzazione non governativa IndyAct.
La legge non è uguale per tutti. In Libano sono presenti circa 200mila donne immigrate che hanno trovato lavoro come domestiche. Molte di loro provengono dalle Filippine, dallo Sri Lanka, dall’Etiopia e dal Nepal. Origini diverse ma un comune obiettivo che le ha portate a lasciare il proprio paese di origine: lavorare. Le leggi libanesi prevedono una dettagliata disciplina in materia, basata su due principi fondamentali: un salario minimo e un giorno di riposo. Queste regole però valgono solo ed esclusivamente per le dipendenti libanesi. Le lavoratrici straniere non possono beneficiare degli stessi diritti. Con turni di venti ore al giorno, sono spesso costrette all’isolamento forzato e vittime di violenze fisiche e sessuali. Una vera e propria vita da schiave che inizia al momento del loro arrivo quando il loro passaporto viene confiscato permettendo al datore di lavoro di avere il controllo totale sulla vita di queste donne.
L’importanza della classe sociale. La discriminazione nei confronti delle domestiche straniere non sono rare. Secondo un’indagine condotta da Human Rights Watch (HRW) su 27 lidi, 17 non permettono l’ingresso alle colf. Nel caso in cui venga concesso l’accesso, queste donne non hanno comunque la possibilità di usufruire della piscina. Secondo Nadim Houry di HRW, il razzismo non è l’unica causa all’origine di queste politiche discriminatorie. Il rango sociale come l’etnia, è un fattore determinante. Essere delle collaboratrici domestiche è spesso considerato negativamente.
La difesa dei diritti umani. Numerose organizzazioni per la difesa dei diritti dell’uomo si sono mobilitate per chiedere al governo di prendere delle misure idonee a combattere questa anacronistica situazione. La crescente attenzione dei media internazionali sta rappresentando un grande stimolo per le ONG che continuano a lottare per quelle donne ormai senza una vita propria.