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Diritto di critica | November 25, 2024

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Ilaria Alpi, la vicenda del Volpe e il mercantile Lucina: il filo rosso dei depistaggi - Seconda Puntata - Diritto di critica

Ilaria Alpi, la vicenda del Volpe e il mercantile Lucina: il filo rosso dei depistaggi – Seconda Puntata

di Erminia Borzì

LEGGI LA PRIMA PUNTATA DELL’INCHIESTA

Le indagini del G.I Mauro Mura e del P.M. Guido Pani, vertono sull’accusa di “disastro aviatorio” e di “omicidio colposo plurimo”. Le perizie effettuate dai carabinieri del Ris subiscono però diversi rallentamenti nel corso delle indagini, come pure la consulenza di parte per accertare se sui rottami del velivolo ci fossero tracce di esplosivo. “La risposta del Ris non è mai arrivata”, ha dichiarato l’avvocato delle parti civili Deriu e Sedda, Carmelo Fenudi, “l’accertamento se ci fosse stata traccia di esplosivo o di altro materiale che potesse far pensare all’abbattimento dell’elicottero sarebbe stata importante per trasformare l’accusa da omicidio colposo plurimo a duplice omicidio volontario, che prevede l’ergastolo e l’imprescrittibilità del reato. Da parte del Ris sono arrivate solo due richieste di proroghe di 30 giorni: la prima avvenuta il 19 maggio 2005 e la seconda il 18 agosto dello stesso anno. Appare pertanto non giustificata una richiesta di archiviazione fondata sul fatto che, ancora oggi, la consulenza tecnica non sia stata ancora espletata e depositata”.

Eppure i testimoni hanno sempre sostenuto un’unica tesi e raccontato i medesimi avvenimenti. La fuga repentina del mercantile Lucina ha fatto ipotizzare una relazione tra la nave e l’esplosione dell’elicottero, il cui relitto non è stato ritrovato, eccetto qualche frammento recuperato dai testimoni o depositato sul fondo del mare. Gli inquirenti hanno anche pensato che la zona sia stata “ripulita” e che quindi, come è stato fatto allontanare il mercantile, così sono stati rimossi i rottami dell’elicottero.

Durante le indagini, la Procura di Cagliari ha chiesto formalmente al Comando Provinciale della Guardia di Finanza se nei primi giorni di marzo vi fossero ancorate navi civili o militari nella baia di Feraxi. La Gdf ha riferito alla Procura che il Comando Generale non poteva consegnare agli inquirenti “documenti classificati” composti da 29 cartelle, i quali facevano riferimento ad una direttiva della Presidenza del Consiglio nella quale si diceva che le comunicazioni dei Servizi (Segreti) non possono essere utilizzate e quindi coperte da segreto di Stato (PCM-ANS 1/R).

Da una parte la Gdf di Cagliari ha affermato che sul mare di Feraxi non c’erano navi, negando la presenza del Lucina, il Sismi, invece, ha imposto il silenzio anche sulla vicenda del Volpe 132.

Ma c’è dell’altro. Il quarto testimone della caduta dell’elicottero Volpe 132, il pastore Giuseppe Zuncheddu, ha dichiarato agli inquirenti di avere ricevuto la visita di un colonnello dei Carabinieri che, con un elicottero, è atterrato in prossimità del suo ovile e lo ha interrogato personalmente su cosa avesse visto quel 2 marzo 1994. Zuncheddu era un testimone ancora sconosciuto alla Procura ed è apparso strano che, senza avvertire la Procura, un ufficiale dell’Arma sia andato personalmente a casa di un pastore quando avrebbe potuto convocarlo in caserma. Si è recato personalmente a Burcei per accertarsi che ciò che il pastore aveva visto fosse rilevante per l’andamento delle indagini? Per ordine di chi? La testimonianza del pastore è molto importante perché indica la rotta dell’elicottero. Secondo quanto visto da Zuncheddu, infatti, il velivolo Volpe 132 ha sorvolato ad una certa quota il massiccio dei Sette Fratelli e il canalone di Campuomu. Quindi l’elicottero non si trovava in una zona d’ombra non visibile ai radar perché a sud della costa non ci sono montagne.

I giornalisti Piero Mannironi e Pier Giorgio Pinna dell’”Unione Sarda” si sono anche chiesti come mai non sia stata disposta una consulenza tecnica sulle registrazioni tra la centrale operativa del II gruppo del Nucleo Elicotteristi GdF di Cagliari e l’elicottero Volpe 132. Quel giorno l’unico radar funzionante era quello di Monte Codi (Radio Detection and Ranging) che, secondo quanto detto dai militari del Poligono Interforze di Salto di Quirra, non ha segnalato niente di anomalo. Gli altri radar della zona, quello di Elmas (da dove sono partiti Deriu e Sedda) e di Salto Quirra, non erano funzionanti e le comunicazioni T/B/T si sono interrotte alle 19.14 circa. Sono seguiti interminabili 40 minuti di silenzio che hanno presagito la tragedia dell’elicottero. I nastri delle comunicazioni T/B/T sono stati tagliati? Com’è possibile che quel giorno l’elicottero della GdF, la motovedetta Colombina e il mercantile Lucina non siano stati intercettati dal radar?

C’è inoltre un particolare molto importante. La Commissione Ministeriale d’Inchiesta per l’omicidio Alpi – Hrovatin, istituita nel 2001, che ha indagato anche sulla scomparsa dell’elicottero Volpe 132, ha appurato che i due piloti della GdF controllavano, in condizioni meteorologiche buone, un ampio raggio tra Capo Carbonara (dove fu ritrovato il casco di uno dei piloti), Serpentara e Capo Ferrato. L’elicottero Volpe 132 A-109 e la Colombina dovevano scandagliare la costa cooperando attraverso un intenso contatto radio. Nella relazione della la Commissione tecnica formale nominata dal Ministero della Difesa (Commissione d’Inchiesta militare) questo “legame di sinergia operativa” da prima viene confermato ma, in seguito smentito anche dalla Guardia di Finanza. La motovedetta G.63, comandata dal mar.llo Atzori, secondo la procedura di controllo della costa e del mare, avrebbe dovuto solcare anche la zona tirrenica del nord della Sicilia e non ripiegare subito sulla baia di Feraxi. Inoltre, secondo il racconto dei militari a bordo della Colombina l’elicottero Volpe 132 è stato perso di vista a Serpentara e solo dopo la motovedetta della GdF si è diretta verso Capo Ferrato. In un secondo momento, però, gli inquirenti hanno controllato i tracciati del radar di Monte Codi e il mar.llo Atzori ha dovuto confermare “la versione del tracciato”, ossia, che, quando l’elicottero è sparito, la Colombina era sotto il velivolo, avendo ben visibile le scritte dell’elicottero e, solo dopo averlo perso di vista, ha cambiato la rotta. Dalla costa, i testimoni Utzeri, Marini, Cuccu e Zuncheddu hanno visto la forte esplosione da Capo Ferrato, dove il mar.llo Atzori ha dichiarato di essersi diretto dopo aver perso di vista l’elicottero Volpe 132. Come ha fatto la motovedetta Colombina a non accorgersi dell’esplosione essendo sulla traiettoria del velivolo? Altro mistero.

Il 15 maggio 1994, la Commissione d’inchiesta militare ha archiviato la morte del mar.llo Deriu e del brig. Sedda come incidente senza specificarne le cause.

La Procura ha sentito anche il comandate del Poligono Interforze di Serra di Quirra, il Gen. Fabio Molteni, il quale ha dichiarato che il tratto di costa compreso tra Capo Ferrato e la baia di Feraxi non rientra nella loro giurisdizione. Quindi, se ci fosse stata una nave (il mercantile Lucina) ancorata a largo nella baia di Feraxi, non competeva alla base militare accertare la “natura” del carico del mercantile. Il gen. Molteni parla di tratto di costa e non di tratto di mare perché i confini del Poligono militare di Serra di Quirra terminano a Capo San Lorenzo, a nord di Capo Ferrato. Se, invece, il Gen. avesse inteso “tratto di mare”, la zona sarebbe stata ad ampio raggio, comprendendo anche quella lontana dalla costa e i mezzi ancorati in mare aperto in direzione del Poligono.

Di tutta questa faccenda è sicuro che alle 14:00 del 2 marzo 1994, al mar. llo Deriu e al brig. Sedda viene comunicato di effettuare, una perlustrazione notturna sulla zona costiera cagliaritana “per la repressione traffici illeciti via mare nel tratto Elmas – Capo/Carbonara – Capo/Spartivento – Elmas”; decollo ore 18:44. A supportare “la missione” il G.63 Colombina, che avrebbe dovuto effettuare “un’azione combinata” dal mare di ricognizione del territorio. L’elicottero della GdF avrebbe controllato una “zona limitata” della costa cagliaritana, il G.63, invece, si sarebbe spinto fino alle 60 miglia marine a est di Capo Carbonara (111 chilometri dalle coste sarde). Se i mezzi erano cooperanti e “la missione” doveva essere costiera per quale motivo le rotte seguite dai due mezzi della GdF erano opposte?

Ed ecco le comunicazioni T/B/T tra l’operatore di Cagliari avvicinamento e il mar. llo Deriu (Sedda, quindi, era ai comandi) sono le seguenti:

Ore 18:44, Volpe 132 a Cagliari avvicinamento: “Siamo un A-109 della Finanza, in volo fino a Capo Carbonara. Effettueremo una piccola ricerca verso sud”.

Ore 18,58, Volpe 132: “A-109 lascia Elmas per Capo Carbonara a 1000 ft (piedi). Ci dirigiamo verso sud per seguire i bersagli segnalati dai radar”.

Cagliari avvicinamento “Copiato Volpe 132, allora ci richiamate su Capo Carbonara”.

Volpe 132: “Ricevuto”.

Alle 19,52, Cagliari avvicinamento: “Volpe 132 … Volpe 132, rispondete! Volpe 132 … Volpe 132!”.

La tragedia si è già consumata. Il mar. llo Deriu e il brig. Sedda sono morti ma Cagliari avvicinamento non lo sa e continua a chiamare l’elicottero della GdF senza trovare risposta. A quali bersagli si riferiva il mar. llo Deriu?

 Dopo quasi 20 anni, la caduta dell’elicottero, come la morte dell’equipaggio del Lucina, rischia di finire nell’oblio dei cold case italiani.

Mannironi e Pinna hanno definito il disastro dell’elicottero Volpe 132 l’”Ustica sarda” mentre Magdi Cristiano Allam e Nacera Benali hanno ipotizzato che la strage dell’equipaggio del mercantile Lucina sia opera di uno dei leader del Fis, Lounici Djamel, e del gruppo terroristico Gia. La Procura di Napoli, che, nel 1995, si è occupata della strage del Lucina, ha emesso 12 ordinanze di custodia cautelare a carico del Fis e del Gia. L’accusa più grave mossa dalla Procura di Napoli è nei confronti di Lounici Djamel, ricercato con un mandato di arresto dall’Italia, dal Marocco e dalla Francia, è accusato di gestire una parte del traffico di armi internazionale tra Italia, Asia ed Africa. Lo stesso traffico di cui si occuparono la giornalista Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia nel 1994.

Da anni l’avvocato delle parti civili Deriu e Sedda, Carmelo Fenudi, si batte perché il caso non sia archiviato dalla Procura di Cagliari. “E’ inammissibile”, spiega, “che, secondo gli inquirenti, l’elicottero della Guardia di Finanza sia finito in una zona d’ombra inaccessibile ai radar!”.

Lo scorso ottobre, il Procuratore Mauro Mura ha respinto la richiesta di archiviazione della morte dei due sottufficiali della GdF a causa delle gravissime mancanze investigative che, negli ultimi 18 anni, non hanno permesso che venisse alla luce la verità. Oltre all’assenza totale di comunicazioni tra l’elicottero Volpe 132 e la motovedetta G.63; alla “fantomatica” zona d’ombra su cui si sarebbe trovato l’elicottero; ai 40 minuti di silenzio nelle comunicazioni T/B/T tra il velivolo della Gdf e Cagliari avvicinamento; alla mancanza comunicazioni tra il II Gruppo del Nucleo Elicotteristi Gdf e la Torre di Controllo; a rafforzare la convinzione della Procura sono state alcune fatti acquisiti dal PM nel corso delle indagini, quando il sost. proc. Guido Pani ha chiesto all’Aeronautica militare una copia della relazione della Commissione d’inchiesta ma la richiesta è stata respinta perché coperta da segreto militare. Secondo il Ministero dell’Interno e della Difesa, la morte dei due sottufficiali della Gdf è un incidente, probabilmente dovuto ad un errore del brig. Sedda ma deve restare coperto sia da segreto di Stato sia da segreto militare.

Altro elemento raccolto dalla Procura riguarda il furto di un elicottero Volpe 132 dal deposito della GdF di Oristano, gestito dalla ditta Wind Air s.r.l.. In seguito a una segnalazione anonima, l’elicottero è stato trovato a Quarto S. Elena. Si è ipotizzato ad un depistaggio: l’elicottero “gemello”, fatto a pezzi, doveva essere gettato in mare in una zona distante dal Poligono Interforze e spacciato per l’elicottero disperso. La Wind s.r.l è risultata essere una società senza ragione sociale e, probabilmente, utilizzata come copertura dai Servizi Segreti. Il legale di questa società, l’avv. Costantino Polo, risulta avere tre diversi dati anagrafici e innumerevoli residenze, tutte inesistenti.

Da alcuni documenti demaniali dello Stato italiano è emerso che ad Oristano, tra gli immobili pubblici, c’è un edificio in via della Tribuna di Campitelli n. 23 dove il codice corrispondente allo stabile è lo stesso della sede legale della società Wind s.r.l.. Attiguo al numero civico 23 c’è un altro immobile appartenente al Ministero dell’Interno, i cui dati catastali e amministrativi compaiono. Sia l’edificio al n. 23 sia quello del Ministero dell’Interno sono utilizzati per uso governativo e tale uso è specificato nelle carte catastali. La sede della Wind s.r.l., dopo il furto dell’elicottero da Oristano, è stata spostata a Nuoro ad un indirizzo inesistente.

Che rapporto c’è tra la Wind s.r.l., il Ministeri dell’Interno e della Difesa, l’elicottero “gemello” del Volpe 132 abbattuto a Faraxi e la morte dei due sottufficiali della GdF? I due Ministeri non hanno fatto chiarezza avvalendosi ancora una volta del Segreto di Stato e militare ma è chiaro che questo rapporto c’è e cammina all’ombra dei depistaggi.

Il caso del Volpe 132 si riapre sul rapporto tra i traffici internazionali di rifiuti tossici ed armi che hanno coinvolto anche le nostre coste e i nostri mari, controllati da camorra, cosa nostra e ‘ndrangheta, passando per il Kosovo, minato dalla pulizia etnica. Una vecchia ipotesi che diventa nuova e concreta se si collegano i tasselli del mosaico che legano la morte di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, l’abbattimento dell’elicottero Volpe 132 e il mistero del mercantile “fantasma” Lucina, che fa la spola tra Nuoro, Cagliari e le acque internazionali.