L'Egitto ha scelto Mursi, il neopresidente che guarda all'Iran
Il primo presidente egiziano democraticamente eletto è Mohammed Mursi: il candidato dei Fratelli Musulmani ha vinto con con il 51,73% contro il 48,27% dell’ex uomo di Mubarak, Ahmed Shafiq; uno scarto di circa 900.000 voti. La notizia è stata data ufficialmente dal presidente della Commissione per le Elezioni Presidenziali Farouk Sultan.
Chi è Mohammed Mursi – Nato a Sharqia nel 1951, padre di cinque figli di cui due con cittadinanza statunitense, ingegnere con tanto di Phd alla University of Southern California, era stato presentato come la “ruota di scorta” del partito in seguito all’esclusione di Khairat El-Shatter, primo candidato del FJP escluso dalla corsa.
Nella notte, mentre migliaia di manifestanti si sono riuniti a piazza Tahrir per festeggiare la vittoria, Mursi ha parlato alla televisione nazionale ringraziando la popolazione e richiamando il paese all’unità nazionale in quanto “unica via per uscire dalla difficile situazione”. Il neopresidente ha poi affermato di voler rispettare tutti i trattati internazionali sottoscritti dall’Egitto. Un possibile riferimento all’accordo di pace con Israele? Difficile dirlo viste le dichiarazioni fatte all’agenzia di stampa Fars, dove afferma la volontà di estendere i legami con Teheran in modo da creare un equilibrio strategico nella regione.
Le reazioni – Festeggia anche Hamas nell’attesa che Mursi mantenga la promessa di appoggio alla causa palestinese, fatta in campagna elettorale. Mentre il presedente americano Barack Obama si è congratulato con Mursi e affermando che gli Stati Uniti continueranno ad appoggiare l’Egitto nella sua transizione verso la democrazia. Felicitazioni anche da parte di Turchia ed Emirati Arabi. Preoccupazione invece in Israele: il primo ministro israeliano Netanyahu ha affermato la volontà e la speranza di preservare il trattato di pace in vigore tra i due paesi, ma gran parte della stampa israeliana oggi riporta le dichiarazioni di Mursi sulla potenziale alleanza con di Teheran.
La sharia – Una vittoria che spaventa anche internamente, sia gli egiziani laici favorevoli a uno stato moderno libero da condizionamenti sociali di tipo islamista, che la numerosa comunità cristiana copta che si sente minacciata da una possibile applicazione della legge islamica. Paure non infondate visto che nel programma del neo presidente c’è la costruzione di uno stato che faccia riferimento diretto alla sharia.
Ma queste elezioni hanno realmente rappresentato il naturale continuum delle rivolte di piazza Tahrir? Non la pensano così molti egiziani, che si sono trovati a dover compiere una scelta obbligata tra due candidati poco graditi, dunque a dover scegliere il “male minore”. In ogni caso è ancora prematuro trarre delle conclusioni, bisognerà attendere per capire che strada deciderà di intraprendere il nuovo governo egiziano che dovrà comunque, in qualche modo, scendere a patti con l’imponente e ben radicato esercito, ammesso che non lo abbia già fatto.