La crisi colpisce tutti: un milione di over 35 è precario - Diritto di critica
Non raccontiamoci balle. Il precariato non è uno “spasso” alternativo alla noia del posto fisso, e soprattutto non è una soltanto una prova di vita per “bamboccioni”. L’Istat ha contato 1 milione di lavoratori a scadenza oltre i 35 anni, cioè gente che ha già formato una famiglia, ha figli e un mutuo casa da pagare. E tira avanti senza sapere se il mese prossimo lavorerà.
Per l’esattezza, a marzo erano 969mila, e nulla li poteva indicare come giovani alle porte del mercato del lavoro. La metà viaggia verso i 40 anni, trecentomila è tra i 45 e i 54, oltre 111mila sono prepensionati (o esodato, tra un lavoro e l’altro, in attesa di una pensione che non arriverà tanto presto). Non sono mai stati così tanti gli “adulti” precari, e continuano ad aumentare. Il ritmo di crescita, anno per anno, è ben più veloce della media nazionale (il 43% in più ogni 12 mesi, contro il 30% complessivo).
Significa che la storia dei bamboccioni deboli, a cui qualche anno di precariato fa bene per irrobustirsi le ossa, è una balla. Il precariato inizia ai primi lavori e continua, fino ai 40 o 50 anni. Altre volte inizia dopo dieci-quindici anni di lavoro dipendente in un’azienda che fallisce, e ci si ritrova ad accettare contratti trimestrali per pagare l’università ai figli, o il mutuo della casa, o le spese mediche di un genitore con l’Alzheimer. Dobbiamo farci i conti: se un ragazzo entra nel mondo del lavoro e si aspetta 5-10 anni di precariato prima del posto fisso, va avvertito che c’è già oggi un padre/madre di famiglia che a 50 anni si trova nella sua stessa posizione. I numeri sono praticamente gli stessi: 1, 3 milioni di under 34 son precari, 1 milione tondo gli over 35. Una continuità che fa paura.
Addio casa. Da cui, il boom degli sfratti per morosità: il ministero dell’Interno ha registrato 56mila famiglie buttate fuori di casa per incapacità di pagare l’affitto, l’anno scorso. Nel 2006 erano “solo” 33mila. Un aumento inquietante: ogni anno, aumenta del 64% il ritmo con cui la gente perde casa. E’ la crisi che ammazza gli stipendi? Sicuramente. Ma anche e soprattutto la perdita del posto di lavoro a metà mutuo, o su affitti colossali. Che già oggi viaggiano oltre la soglia-limite degli 800 euro per 60 metri quadri, nelle periferie delle metropoli italiane: ovvero uno stipendio precario che se ne va solo in affitto.
Siamo sicuri che rigore, tasse e taglio al welfare siano le medicine giuste per questa crisi?