L'Egitto condanna Mubarak e si prepara al voto - Diritto di critica
Grida di gioia ed urla, emozione e rabbia. Centinaia di persone fuori dal tribunale del Cairo hanno accolto con sollievo la condanna all’ergastolo di Hosni Mubarak, per trent’anni padre-padrone dell’Egitto e giudicato ora colpevole del massacro di civili (almeno 850) durante la primavera araba, nel 2011. L’ex presidente si è sentito male nel corso del trasferimento in carcere ed è ora in cura nell’infermeria della struttura. Prigione a vita anche per l’ex ministro degli interni, Habib al-Adly, mentre i due figli di Mubarak (uno di loro, Gamal, era l’erede designato per guidare l’Egitto in futuro) sono stati prosciolti dall’accusa di corruzione, ma resteranno nel carcere di Tora (vicino al Cairo) per il reato di insider trading. Il processo era iniziato nell’agosto del 2011. Emblematiche le parole del giudice Ahmed Refaat alla corte: «Il popolo egiziano si è svegliato il 25 gennaio 2011 sperando di poter respirare aria fresca dopo decenni di profondissima oscurità. Mubarak e Adly hanno utilizzato la forza e la violenza contro dei cittadini disarmati». Il dittatore è il primo leader arabo ad essere giudicato personalmente dall’inizio delle rivolte che lo scorso anno sconvolsero Nord Africa e Medio Oriente.
Ma la vittoria di amici e parenti dei manifestanti, uccisi dai militari per ordine di Mubarak, è solo a metà: molte ombre si celano ancora su quelle settimane di rivoluzione, e i sei poliziotti dei Servizi egiziani, considerati gli esecutori materiali della strage, sono stati assolti con l’attenuante di aver semplicemente obbedito ad un comando. La delusione della folla si è presto palesata, provocando scontri e tafferugli con le guardie che blindavano il tribunale, mentre altri hanno raggiunto la simbolica Piazza Tahrir per contestare parte del verdetto: «È come se i loro cari fossero morti per niente», ha riferito la Bbc. Cortei anche a Suez.
La tensione e l’incertezza stanno dominando l’Egitto, che a due settimane dalle prime elezioni del dopo – Mubarak deve fare i conti anche con la disoccupazione e la crisi economica che ha colpito il Paese africano, specialmente nel settore chiave del turismo. La lotta a colpi di proclami e scheletri nell’armadio del passato regime continua tra i due candidati alle presidenziali di metà giugno: Mohammed Mursi, rappresentante dei Fratelli Musulmani, e Ahmed Shafiq, ex primo ministro di Mubarak e per questo giudicato dall’avversario come un possibile continuum del vecchio potere. Le elezioni si annunciano avvincenti e per niente prevedibili: Shafiq punterà sul distacco dalla figura del suo ex presidente e farà leva sull’elettorato moderato stufo di rivolte e incertezza. Il partito dei Fratelli Musulmani, perseguitato per anni come peggior nemico del regime di Mubarak, sta invece già radunando gli egiziani delusi dal verdetto di queste ore. Un portavoce della coalizione ha chiesto una riunione tra le forze politiche per chiedere un nuovo processo poiché «il procuratore non è riuscito a svolgere appieno il suo compito nella raccolta di prove sui fatti di Piazza Tahrir».
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