La Lega alla battaglia finale, dopo i ballottaggi Maroni e Bossi ai ferri corti - Diritto di critica
L’ANALISI – La Lega affonda in tutti e sette i ballottaggi dove correva. E lo fa alle amministrative, in comuni dove ben radicati erano i “governi” targati Carroccio. A fare le spese di inchieste e scandali celoduristi, dunque, sono stati anche quei sindaci che nulla avevano a che vedere con i giochi di potere nazionali.
La Lega è andata ko a Palazzolo, Tradate, Senago, Thiene e San Giovanni Lupatoto, Cantù, Meda. Tutte sconfitte durissime da accettare, che bruciano e danno il metro della disfatta. Anche l’astensione è stata alta, altro indubbio segnale politico di sfiducia verso la politica.
«È stata la campagna elettorale più difficile e complicata di sempre per gli errori di qualcuno – ha spiegato Matteo Salvini – Ma ripartiamo dai 380 sindaci della Lega che partecipano alla nostra fase nuova». Mentre Maroni ha sottolineato come i ballottaggi «non sono stati positivi» e «la notizia dell’avviso di garanzia a Bossi e ai suoi figli non ha aiutato, anzi ha determinato un ulteriore allontanamento dalla Lega». Insomma, «paghette e lauree – ha detto – hanno fatto giustamente arrabbiare gli elettori».
Quella delle amministrative, secondo Maroni, è una «traversata nel deserto» che «si conclude», «con i congressi si apre una fase nuova che ci vedrà nuovamente protagonisti» con «un ricambio generazionale forte ai vertici e un rinnovamento profondo». Ma la guerra è tutta qui: sui volti “nuovi” che dovrebbero guidare il Carroccio. E il Senatùr, sebbene indebolito e scosso dalle inchieste, non ha intenzione di mollare le redini: «Non è assolutamente vero che ho intenzione di lasciare. Lo farò soltanto quando la Padania trionferà », ha detto sabato. I maroniani puntano il dito proprio contro i cerchisti, responsabili degli scandali che infangano il partito e quindi colpevoli per la sconfitta. I cerchisti se la prendono con la decisione, a loro dire suicida, di correre da soli al voto. Sulle alleanze, Maroni ha chiarito i motivi della scelta di correre da soli: «Non era pensabile fare un accordo con il Pdl – spiega – Sono stati loro a sbagliare ad appoggiare il governo Monti, noi siamo stati coerenti». E il segnale più lampante della lotta intestina al partito è la decisione di rinviare a luglio – dopo il congresso federale – lo storico raduno di Pontida. A fine giugno si giocherà la battaglia finale per la conquista della Lega.
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Non si sono ancora resi conto che la loro presenza nelle istituzioni ci ha stancato???
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