Riesumata la salma di De Pedis, s’infittisce il mistero sul caso Orlandi - Diritto di critica
Una certezza è stata raggiunta: il corpo nel sarcofago aperto ieri, nella basilica di Santa Apolinnare a Roma, appartiene al boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis. E’ stato identificato dalla polizia scientifica attraverso le impronte digitali, visto lo stato di “buona conservazione”. La salma era riposta all’interno di una bara composta da tre strati, ovvero tre contenitori di zinco, rame e legno. A 22 anni dalla morte, De Pedis fu ucciso in un regolamento dei conti il 2 febbraio del 1990 a Campo de’ Fiori, gli inquirenti possono escludere che nel sarcofago del boss vi siano i resti di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana, scomparsa in circostanze misteriose il 22 giugno del 1983 all’età di quindici anni.
Saranno effettuati, inoltre, i test del Dna anche su alcuni resti di ossa, ritrovati nelle oltre 200 cassette in una cripta adiacente a quella del boss. In particolare, sarà fatta luce sui frammenti di dubbia datazione, con gli accertamenti direttamente sul posto, eccezion fatta per “quelli molecolari”. La maggior parte delle ossa, però, risale ad alcuni secoli fa, in quanto la basilica di S. Apollinare ospitava un cimitero prenapoleonico. S’infittisce il mistero sul rapimento di Emanuela Orlandi. A chi appartengono le ossa ritrovate nella cripta adiacente. Svelarlo non sarà facile. Se, da un lato, basta un esame macroscopico per stabilire la datazione di massima dei resti ossei, dall’altro è anche vero che l’esame ai fini dell’identificazione diventa molto complesso se si dispone solo di frammenti ossei, e non di una struttura scheletrica.
“E’ molto semplice – ha spiegato il direttore dell’Istituto di Medicina Legale di Tor Vergata, Gianni Arcudi – fissare se si tratti di resti umani o animali. Se, poi, si hanno a disposizione reperti lunghi come femore e tibia, è possibile stabilire la statura del soggetto; in presenza del cranio o dei denti – ha aggiunto Arcudi – si può risalire all’età del soggetto al momento della morte. Per risalire, invece, al sesso sono molto importanti le ossa del bacino e alcuni parametri relativi al cranio e alla mandibola”. Sarà necessaria effettuare l’analisi del Dna, a patto che lo stato di conservazione dei reperti lo consenta. Gli esami andranno avanti per tutta la settimana. Il corpo del boss sarà traslato nella tomba di famiglia della vedova, Carla Di Giovanni, al Verano, oppure sarà cremato.
Un notevole passo in avanti, quindi, nella risoluzione del giallo, almeno così sperano gli inquirenti Giancarlo Capaldo, il procuratore aggiunto che coordina l’inchiesta e del sostituto Simona Maisto. Una collaborazione tra Magistratura italiana e Vaticano che soddisfa il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro: “E’ solo un passo in avanti per le indagini”, ha precisato ieri davanti alla Chiesa di Santa Apollinare. La decisione delle Procura, di riaprire la tomba di De Pedis, arrivò nel 2005 in seguito a una telefonata alla trasmissione “Chi l’ha visto” (2005) e alla testimonianza dell’ex compagna di “Renatino”, Sabrina Minardi, la quale rivelò che a sequestrare Emanuela Orlandi fu proprio De Pedis. Allo stato attuale, nell’ambito dell’inchiesta, risultano indagati Sergio Virtù, Angelo Cassani, detto ‘Ciletto’ e Gianfranco Cerboni, detto ‘Gigetto’.