Gli indignados di nuovo in piazza. Un anno dopo - Diritto di critica
Sono tornati, di nuovo a migliaia. A dodici mesi esatti dall’occupazione di Puerta del Sol a Madrid, il movimento del 15M (15 maggio) è sceso per le strade della Spagna rinverdendo i fasti degli indignados di tutto il mondo occidentale, attanagliato dalla crisi. I giovani (e non solo) spagnoli che un anno fa ispirarono i coetanei di New York, Londra e Roma sono mobilitati da tre giorni nella capitale iberica blindata dalle forze dell’ordine, e i cortei proseguiranno almeno fino a domani, anniversario della protesta. Si va avanti nonostante gli arresti che la polizia ha eseguito sabato notte nei confronti di alcuni manifestanti che non hanno rispettato il “coprifuoco” fissato per le 22.
“È una truffa, non è una crisi”, “Contro i tagli non tacere”, “Spegni la tv, accendi la mente”, “È una bugia, il denaro c’è, lo hanno i banchieri!”: questi alcuni degli slogan gridati da quasi 30mila persone nella marcia che ha dato vita alla mobilitazione celebrativa. E l’onda ha raggiunto, tra le altre, le città di Barcellona (più di 20mila manifestanti, qui il Comune ha permesso l’accampamento notturno), Siviglia, Bilbao, Malaga e l’attivissima Valencia, dove l’anno scorso la Plaza del Ayuntamento è stata ribattezzata “Piazza 15 maggio”.
Ma dopo un anno cosa è cambiato per gli spagnoli? La crisi è più forte di prima, la disoccupazione colpisce tre giovani su quattro e il nuovo governo del popolare Rajoy ha inevitabilmente indebolito il ceto medio e le politiche del welfare, a causa dei forti tagli alla spesa pubblica. Una situazione della quale non si riesce a vedere la fine, ma che rivela ancora come il movimento degli indignados sia più vivo che mai, e abbia portato la consapevolezza e la partecipazione nei quartieri e fra la gente: «Abbiamo rotto l’apatia e l’individualismo», ha detto una manifestante.
A Puerta del Sol, luogo simbolo di Madrid, gli indignados hanno esposto i cinque punti per i quali intendono lottare: no alla precarizzazione e alla riforma del lavoro, acqua come bene comune e difesa dei servizi pubblici, un reddito minimo universale, il diritto alla casa e non pagare più un euro alle banche. In queste ore si susseguono cori, canti, proiezione di video, discussioni e collegamenti streaming in diretta con gli altri indignados, attraverso i vivissimi social network, ancora una volta strumento prezioso di aggregazione e organizzazione. Il tam tam della Rete è arrivato a Londra, Berlino, Washington. Sul sito simbolo Tomalaplaza.net si parla di sit-in e sfilate indette a Lisbona, Bruxelles, Atene, Rio de Janeiro, Città del Messico, Caracas, fino a Sidney e Mosca. A Roma sabato scorso un gruppo di “trast invaders” hanno bloccato l’accesso ai bancomat a Trastevere per protestare contro le banche, mentre domani centinaia di persone sfileranno per le vie della capitale.
Il successo e l’ampia diffusione della protesta in tutta la Spagna contrastano però con altre iniziative nate degli ultimi mesi in Italia, partite sulle ali dell’entusiasmo di Puerta del Sol e dei sit-in di New York, ma rivelatesi presto troppo circoscritte: dal movimento siciliano dei Forconi, al quale è mancato un appoggio su larga scala, fino ad “Occupy Scampia”, iniziativa partita a febbraio su Twitter contro lo strapotere della camorra nel quartiere napoletano, ma alla quale erano presenti più giornalisti che manifestanti. Per non dimenticare la manifestazione a Roma, sfociata in guerriglia urbana tra forze dell’ordine e anarchici.