Sport e disabilità, la speranza viene da una tuta bionica - Diritto di critica
Si chiama “ReWalk” (letteralmente tornare a camminare) e promette di sconvolgere il mondo dello sport, in particolare quello rivolto al mondo dei disabili. Una tuta bionica, progettata da un’azienda israeliana, recentemente approvata dalla ‘Food and Drug Administration’ (l’ente governativo Usa per la regolamentazione dei prodotti farmaceutici e alimentari), che offre agli atleti diversamente abili una speranza per competere nella maratona. L’atleta britannica Claire Lomas, paralizzata in seguito a una caduta da cavallo nel 2007, nella quale ha riportato la rottura di collo, costole e schiena, è riuscita a completare la maratona di Londra 16 ore dopo la partenza.
Lomas è stata la prima atleta a terminare una gara di 42 chilometri con un “abito bionico”, pesante 18 chilogrammi e costato la bellezza di 54mila euro. Una grande forza di volontà, ha spinto l’atleta inglese, visto che correre una maratona con un esoscheletro legato alla parte inferiore del corpo senza l’ausilio delle gambe, non è cosa da poco. La partecipazione alla maratona di Londra è stata anche un’occasione per la raccolta di fondi da destinare alla ricerca sulle patologie legate alle lesioni della colonna vertebrale e del midollo spinale. Sono stati raccolti, finora, quasi 100mila euro. Lacrime e commozione hanno accompagnato l’impresa della 32enne dal 22 aprile scorso, giorno dalla partenza. Lomas ha percorso circa 2.6 chilometri al giorno e l’arrivo, addobbato con festoni e palloncini rossi, è stato salutato da una folla di tifosi in trepidante attesa.
“E’ stato davvero emozionante – ha commentato l’atleta al traguardo –, sono ancora sotto shock. Gli ultimi 500 metri non sono stati difficili, perché avevo il sostegno delle persone, che mi spingevano ad andare avanti”. La donna è stata “accompagnata”, anche dal sostegno psicologico, lungo tutto il percorso dal marito e dalla figlia 13enne. Nonostante l’impresa, l’atleta disabile non ha ricevuto il formale riconoscimento dall’organizzazione, riservato a coloro che completano i 42 chilometri entro il giorno dalla partenza. Né i commissari hanno iscritto il tempo di gara tra gli annali dei record ufficiali. L’indignazione, per la scelta degli organizzatori, ha spinto diversi atleti a donare la propria medaglia di partecipazione, ma non sarà necessario. Infatti, Claire Lomas riceverà nei prossimi giorni uno speciale trofeo per l’impresa compiuta.
L’atletica è uno degli ambiti che si presta maggiormente al clamore mediatico. Come dimenticare la vicenda del campione sudafricano Oscar Pistorius, sprinter disabile nei 100, 200 e 400 metri piani. Capace di correre con gli atleti “normodotati”, grazie a particolari protesi in fibra di carbonio, e di vincere la medaglia d’argento nella staffetta dei 4×400 metri, ai campionati mondiali di Daegu nel 2011. Pistorius è diventato uno dei simboli degli atleti disabili e dei loro diritti nel vedersi riconosciuti dalla Federazione internazionale Atletica al pari dei normodotati. Fece molto discutere la decisione della “IAAF” che, nel 2008, respinse la richiesta dell’atleta disabile di gareggiare con gli altri atleti, in quanto le protesi di Pistorius lo avrebbero “avvantaggiato”. Il Tas (il Tribunale Arbitrale dello sport), qualche mese dopo, riabilitò la sentenza dello IAFF poiché “non esistevano elementi scientifici sufficienti per dimostrare che Pistorius potesse trarre vantaggio dall’uso delle protesi”.
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oh oh, la maratona è stata ocmpletata 16 giorni dopo la partenza, o 16 ore?
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