Se il Giappone non vuole più il nucleare - Diritto di critica
Il Giappone senza nucleare per la prima volta in 42 anni. L’eco di Fukushima continua a farsi sentire nel paese del Sol Levante, dopo il devastante sisma e tsunami dello scorso 11 marzo 2011, e poco importa se lo stop all’unità 3 dell’ultima struttura ancora attiva – quella di Tomari, gestita da Hokkaido Electric Power Co. (Hepco) – sia dovuto all’ordinaria manutenzione prevista per gli impianti nucleari nipponici ogni 13 mesi: il Giappone, in precedenza profondamente legato all’energia atomica, dopo il disastro di Fukushima si è scoperto invece poco incline alla riapertura degli impianti, sulla cui sicurezza si sono levati forti dubbi difficili da sopire. E a confermare questa tendenza, nella giornata di sabato, sono state le manifestazioni di decine di migliaia di persone in tutto il Paese perché si sospenda subito e in modo definitivo l’utilizzo dell’energia nucleare a favore delle fonti rinnovabili.
Sull’arcipelago nipponico sono attualmente presenti 54 impianti atomici, che fino all’anno scorso coprivano all’incirca il 30% del fabbisogno energetico del Paese, ma il crollo della fiducia sulla sicurezza nucleare dopo l’incidente di Fukushima – considerato l’emergenza atomica più grave da quella di Chernobyl del 1986 – unito alle forti resistenze delle comunità locali rende praticamente nulla l’ipotesi di un riavvio in tempi brevi dei reattori, tutti arrestati per i controlli di routine previsti ogni 13 mesi (ad eccezione dei quattro irreparabilmente danneggiati della centrale di Fukushima Dai-ichi): non basta infatti il via libera dell’authority sulla sicurezza nucleare per riavviare gli impianti a seguito dei controlli, ma è necessario anche il consenso degli enti locali dei territori dove sono situate le centrali. Ed è proprio questo consenso a mancare ora, persino nelle zone altamente legate all’energia nucleare come la prefettura di Fukui, l’area più nuclearizzata al mondo che ospita ben 14 reattori su una superficie delle dimensioni della città di Roma.
Lo stop all’ultima unità ancora attiva sul territorio nipponico ha incontrato il plauso di Wwf Italia, che in una nota ha ribadito come a livello internazionale si moltiplichino « le analisi che puntano sullo sviluppo delle fonti rinnovabili e davvero pulite, unite a un diverso modo di consumare energia. Molti paesi puntano decisamente in quella direzione, Germania in testa, e anche il Giappone si appresta a fare a meno dell’energia atomica, nonostante i numerosi interessi economici che cercano di ostacolare una strada fortemente auspicata dal popolo giapponese».
Ma gli spettri che il Giappone potrebbe trovarsi ora ad affrontare a causa della mancanza di energia fornita dagli impianti atomici sono altri: quelli cioè della carenza di energia elettrica e di possibili black-out estivi, in particolar modo nelle regioni di Osaka, Hokkaido e Kyushu, dove le utility hanno già chiesto alle famiglie e alle grosse industrie una stretta sui consumi.