Progetto Memoria, quando la scuola si fa ricordo e verità - Diritto di critica
“Una barbarie che voi non potete neanche immaginare”. Sami Modiano ripete questa frase più volte, con la voce solo di poco arrochita dall’emozione. Ci si sente dentro la rabbia della vittima, ma anche la consapevolezza del testimone: solo immagini forti e vere possono attraversare la sala e il tempo. Di fronte a sè, sui sedili del Teatro Tendastrisce, 700 adolescenti ascoltano. Qualcuno scalpita, ma son pochi. L’atmosfera è carica e spinge all’attenzione.
Strano a dirsi, si tratta di un’assemblea d’istituto. Uno di quegli appuntamenti “politici” disertati dagli studenti, trasformata nel 90% dei casi in sega legalizzata. Oggi, sabato 21 aprile, no: sono tutti presenti. La scuola (a partire dalla preside Franca Tenaglia, al presidente del Consiglio d’Istituto Pietro Ciotti, per finire con la professoressa Ghione) ha organizzato un incontro sulla memoria dell’Olocausto. Il presidente del VII municipio di Roma, Roberto Mastrantonio, ha messo a disposizione il Teatro Tendastrisce – gratuitamente – per i ragazzi del Liceo Scientifico Francesco d’Assisi.
Non è un caso isolato, o un buon proposito passeggero. Da anni il Francesco d’Assisi organizza viaggi di istruzione-incontro a Birkenau e Auschwitz. Si chiama “Progetto Memoria” e guida i ragazzi a toccare con mano, senza “intermediari”, la realtà dell’Olocausto. Senza ideologie e senza negazionismo, accettando il confronto e le domande che spontaneamente sorgono nei ragazzi.
Scrivere di memoria ed olocausto non è una passeggiata. Le parole dei testimoni muoiono, quando si riversano su carta. Restano numeri aridi, incapaci di trasmettere la memoria da una generazione all’altra. Per fortuna, esistono ancora progetti capaci di superare il gap della carta e mettere i ragazzi di fronte alla Storia. Sami Modiano, il testimone che ha raccontato la propria esperienza al campo di Birkenau durante l’incontro di sabato, riesce bene a far passare le emozioni.
Il suo resoconto comincia ben prima dei treni della morte e del campo: prende avvio nell’allora italiana Rodi, dove nel 1938 arrivano le leggi razziali fasciste a sconvolgere la vita della comunità ebraica (2500 persone). Uno shock visto dagli occhi di un bambino di otto anni, che a metà della terza elementare viene espulso senza spiegazioni. Poi l’8 settembre 1943 e l’occupazione, immediata, dell’isola di Rodi da parte dei tedeschi. Un anno dopo, il piano di deportazione è completo, e le SS trasferiscono l’intera comunità a Birkenau attraverso un viaggio di un mese – 2000 chilometri, prima su 5 navi di trasporto bestiame e poi su treni, in 90 su ogni vagone. Alle rampe di Birkenau, la selezione salva 350 uomini e 250 donne “abili”: il dottor Mengele, “un dottore di cui conosco il nome ma che mi rifiuto di pronunciare”, ne manda immediatamente 1900 verso le camere a gas. Di quel carico se ne salverà soltanto uno, Sami, che vede morire prima la sorella, poi il padre, e si salva per errore sotto un mucchio di cadaveri congelati all’arrivo dei sovietici.
L’incontro si chiude con le ricerche dei ragazzi del 5H e 4G, ricerche scaturite dai viaggi di ottobre ai due lager polacchi e da interviste ad altri sopravvissuti. Quindi i giovani restano protagonisti, non “vittime” della memoria.