Storie ai tempi della crisi, anche il famoso brandy Stock 84 lascia l'Italia - Diritto di critica
Straniera lo era già di fatto, acquistata sin dal 1995 da gruppi statunitensi, ma ora la Stock Spirits Group, impresa che a Trieste produceva brandy, limoncello ed altri distillati conosciuti da almeno cinque generazioni di italiani (chi non ricorda le pubblicità dello Stock ’84?), trasferirà tutta l’attività nella Repubblica Ceca, a partire dal prossimo giugno. A decidere la chiusura dello stabilimento il fondo americano “Oaktree Capital Management”, che possiede la Stock dal 2008 e che giustifica la scelta, oltre che con il problema del costo del lavoro, anche con il calo dei consumi e il momento difficile del mercato italiano.
I prodotti del marchio (tra di loro anche Limoncè e la vodka Keglevich) resteranno nei negozi italiani, ma ciò non toglie che un altro micro-universo produttivo sia andato in pezzi, con 28 lavoratori (una goccia nel mare della crisi) messi in mobilità, ovvero lasciati a casa. È la dura legge della delocalizzazione, che spinge le multinazionali ad aprire stabilimenti in nazioni dove materie prime e manodopera hanno costi ridotti e quindi più convenienti: «Lo stabilimento friulano – dicono i vertici del gruppo americano – rimane non sostenibile a livello economico rispetto agli altri siti produttivi».
Così come per ogni città legata alle proprie industrie, per Trieste l’addio della Stock è stato un brutto colpo: «La chiusura di ogni attività inerente a questo marchio – ha riferito l’assessore regionale al Lavoro, Angela Brandi – segnerà la fine di uno dei marchi storici presenti a Trieste. Bisogna offrire ogni sostegno ai lavoratori per poter affrontare il problema occupazionale che sta per coinvolgerli». È una storia già vista altre mille volte, nell’Italia imprenditoriale che sta pian piano colando a picco. L’assessore ha chiesto ai responsabili della Stock italiana di ritornare sulla loro decisione, ma questi hanno già contattato i sindacati per discutere sulla cessazione della produzione. «L’azienda non ha presentato margini di manovra – protesta Adriano Sincovich, segretario della Cgil di Trieste – c’è un atteggiamento molto rigido dei manager. Diremo chiaramente alla città cosa pensiamo della Stock». La lotta dei lavoratori nel frattempo è già cominciata: è stato indetto uno sciopero di 16 ore, con blocco totale dell’attività.
Sin dal passaggio di proprietà alla Oaktree la fabbrica di liquori, dalla quale escono venti milioni di bottiglie all’anno, aveva subìto un ridimensionamento, attraverso un accordo sindacale sottoscritto dagli operai, che nel 2009 prevedeva modifiche d’orario, turnazioni e plurimansioni. Ma lo sforzo pare non sia servito, a meno di un cambiamento improvviso.
La bottiglia di brandy più famosa della tv è apparsa in numerosi episodi di “Carosello”, pubblicizzata da Vianello e Tognazzi, sui cartelloni pubblicitari e alla radio, come storico sponsor delle cronache Rai delle partite di calcio.
Sono numerose le aziende agro-alimentari italiane in mano a colossi stranieri (negli ultimi venti anni ricordiamo Buitoni, Parmalat, Galbani, Perugina, Peroni, Cinzano, Martini ecc); l’ultima in ordine cronologico era stata la famiglia Gancia, che ha ceduto lo spumante al russo Tariko, quello della vodka Russki Standard. Ma la Coldiretti, dopo l’annuncio della chiusura della Stock, ha lanciato un allarme: altri marchi passati a gruppi esteri, dopo quello di Trieste, potrebbero fare la stessa fine, vista la crisi e gli ostacoli di tipo economico. Dalla proprietà di un’etichetta al trasferimento delle sue linee produttive, infatti, il passo potrebbe essere breve.