Mali, dopo il golpe dei Tuareg l’accordo per nuove elezioni - Diritto di critica
La giunta militare a capo del Mali dal 21 marzo scorso ha assicurato che istituirà un ‘governo ad interim’ nei prossimi giorni, come indicato dall’accordo siglato il 6 aprile scorso tra i militari golpisti e l’ ‘Ecowas’, la comunità di Stati dell’Africa Occidentale. L’intesa è stata salutata con soddisfazione dalla Francia, che ha, però, invitato la giunta ad “applicare le disposizioni dell’accordo senza ritardo, in particolare, quelle che permetteranno elezioni presidenziali”.
Il leader dei golpisti, il capitano Amadou Sanogo, e l’organizzazione regionale dell’Ecowas hanno siglato, quindi, l’accordo che fissa una transizione democratica nel Paese e un ritorno all’ordine costituzionale, in cambio di un’interruzione delle sanzioni economiche e la garanzia di un’amnistia nei confronti dei militari coinvolti nel colpo di stato. Secondo l’accordo, i militari cederanno il potere all’attuale speaker del Parlamento, Diouncounda Traore, che nella veste di presidente ad interim dovrà indire nuove elezioni entro 40 giorni. Nella proclamazione dell’indipendenza dei territori che rivendicano dal 1916, i leader dell’ ‘Mnla’ (Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azaward) si sono impegnati a combattere gli estremisti islamici, accusati, tra l’altro, di essere il volano dei traffici di cocaina tra l’America Latina e l’Europa.
La Francia, gli Stati Uniti e l’Unione Africana si sono affrettati a far sapere che non hanno nessuna intenzione di riconoscere il nuovo Stato. Gli occidentali, che hanno intimato al capitano golpista Amdou Sanago di andarsene, hanno affidato le sorti del Mali e del nord del paese all’Ecowas, che sta decidendo quando e come intervenire. I francesi si sono resi disponibili a fornire un aiuto logistico, mentre gli americani stanno pian piano rinforzando il piccolo contingente dei loro ‘consiglieri’ militari a Dakar, in Senegal.
Da quando, venerdì scorso, un colpo di stato ha gettato il Mali nel caos, i rivoluzionari hanno sfruttato appieno la situazione arrivando a dichiarare l’indipendenza di una delle regioni simbolo del paese: l’Azaward. Lo stato comprende i territori di Timbuktu, Kidal, Gao (la capitale e la città più grande) e parte della regione di Monti, tutti formalmente riconosciuti, a livello della comunità internazionale, come appartenenti alla Repubblica del Mali. Il nascente stato confina con il Mali e il Burkina Faso a sud, la Mauritania a ovest, l’Algeria a nord e il Niger ad est. Il popolo dei Tuareg è in lotta per l’indipendenza del nord del paese almeno dal 1958, da quando gli ‘anziani’ scrissero una lettera al presidente francese René Coty, chiedendo ai governanti coloniali di ritagliare una “patria separata per il popolo Tuareg”. L’appello fu, però, ignorato e i Tuareg dalla ‘pelle chiara’ del nord furono inglobati nel Mali con gli altri gruppi etnici dalla ‘pelle scura’ del sud che controllavano la capitale e le risorse finanziare del paese.
Nel tempo, sono stati diversi i conflitti e le ribellioni. Il colpo di stato del 21 marzo scorso, che ha rovesciato il governo nella capitale Bamako, non ha raccolto i risultati sperati dai ribelli. Una dopo l’altra sono cadute le tre più grandi città nel nord del paese. La dichiarazione d’indipendenza, firmata dal ‘National Movement for the Liberation of the Azaward’ al cui vertice c’è un colonnello che ha combattuto al fianco di Gheddafi prima della caduta, arriva dopo 50 anni di malgoverno ‘del sud’. Il movimento, ufficialmente, non ha fondamenti religiosi e l’obiettivo dichiarato è quello di costruire una patria per il popolo Tuareg.