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Diritto di critica | November 5, 2024

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L'Europa non blocca il muro della vergogna tra Grecia e Turchia - Diritto di critica

L’Europa non blocca il muro della vergogna tra Grecia e Turchia

Il muro al confine tra Grecia e Turchia? Un affare interno, secondo la Ue. Peccato però che la costruzione di una frontiera di metallo e filo spinato rimandi indietro di decenni e non si addica certo, nel 2012, ad un continente che voglia guardare al futuro.

Anche Amnesty International, già allarmata per le condizioni degli immigrati nei centri di detenzione greci, ha condannato i vertici di Atene, esasperati dagli arrivi clandestini ed intenzionati a bloccare il flusso migratorio da nord-est con una “recinzione” alta tre metri e lunga 12,5 chilometri. L’Europa invece, dopo una prima reazione negativa, con la quale chiedeva agli ellenici di risolvere il nodo immigrazione attraverso riforme strutturali, ha semplicemente precisato di non aver partecipato al finanziamento del progetto greco, così come ha ribadito in recenti dichiarazioni il commissario Ue agli affari interni Cecilia Malmström.

«Non ci sono sovvenzioni comunitarie per l’opera, che è un affare interno – ha detto all’incontro con il ministro greco per la Protezione dei cittadini, Michalis Chrisochoidis – la situazione dei flussi su questo fronte è comunque difficile, e resterà a lungo nell’agenda europea». Niente blocco, quindi, o iniziative concrete da parte di Bruxelles per fermare la costruzione. Che abbia pesato l’influenza della Francia, favorevole alla frontiera artificiale? Secondo il piano di bilancio della Ue, ad ogni modo, la Grecia dovrebbe ricevere per il 2012 90 milioni di euro per le “politiche di immigrazione”, cifra già decisa prima del progetto del muro e che va ad aggiungersi agli stanziamenti ricevuti dal 2007 ad oggi.

Il muro lungo la frontiera naturale del fiume Evros, «una soluzione temporanea» secondo Chrisochoidis, sarà terminato in tempi brevi, al costo di circa cinque milioni e mezzo di euro. «Chi non farà richiesta di asilo – ha aggiunto il ministro – lascerà il Paese attraverso il rimpatrio volontario. La Grecia non può più reggere una situazione che minaccia la propria pace sociale». Il governo di Atene stima in più di centomila il numero di turchi, afghani, iraniani (e non solo) che ogni anno giungono illegalmente in terra greca per cercare di spostarsi poi nel cuore dell’Europa. L’ottanta per cento dei clandestini che vivono nel vecchio continente arriva “via Grecia”. La rete metallica verrà innalzata nei pressi della città di Orestiada, e percorrerà soprattutto la frontiera non segnata dal corso d’acqua, più accessibile per chi voglia entrare nel Paese ellenico; l’Evros, infatti, è un fiume molto profondo e con correnti insidiose.

Difficile pensare, comunque, che questa sarà la soluzione decisiva, in un confine dove, come l’omologo tra Stati Uniti e Messico, si registrano spesso incidenti e sparatorie tra contrabbandieri di clandestini e guardie di frontiera.

Difficile anche ritenere in via di guarigione le ferite tra greci e turchi e tra Istanbul e l’Europa: la Turchia si è detta disposta a firmare un accordo di riammissione con la Ue (che impedirà l’accesso indiscriminato di migranti sul suolo europeo), a patto però che i propri cittadini possano usufruire dei visti di entrata nell’area Schengen, privilegio già ottenuto dagli altri Paesi confinanti.

Anche se fosse un provvedimento temporaneo, il muro è tutt’altro che un segno di dialogo, e potrebbe marcare per sempre la storia del lembo di terra che accosta la Grecia alla Turchia.