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Diritto di critica | November 5, 2024

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In Giappone il boia riprende a lavorare - Diritto di critica

In Giappone il boia riprende a lavorare

Quasi due anni senza esecuzioni avevano fatto sperare che anche il Giappone sarebbe stato ben presto inserito nella lista di Stati che hanno abolito ufficialmente la pena capitale dalla loro legislatura. Una speranza che si è rivelata vana: proprio in questi giorni, infatti, nel paese nipponico sono riprese le esecuzioni, con l’impiccagione di tre detenuti su ordine di Toshio Ogawa, ministro della Giustizia da poco più di due mesi.

Un passo che lo stesso ministro ha definito «suo dovere», perché «la legge afferma che il ministro della Giustizia è responsabile dell’esecuzione della pena». Toshio Ogawa – nell’attivare l’esecuzione capitale per Yasuaki Uwabe, Tomoyuki Furusawa e Yasutoshi Matsuda, rispettivamente di 48, 46 e 44 anni ed accusati di omicidio plurimo – ha sottolineato come «un sondaggio voluto dal governo ha evidenziato che la gran parte del Paese è favorevole alla pena capitale, supportata poi dal sistema dei giudici popolari che dovrebbe riflettere le opinioni pubbliche». Il sondaggio in questione era stato commissionato dall’Ufficio di gabinetto giapponese nel febbraio 2010 e rilevava come l’85,6% degli intervistati continuasse a sostenere la pena di morte nel Paese. Le ultime esecuzioni in ordine di tempo erano infatti datate luglio 2010, quando l’allora ministro Keiko Chiba – spiega un articolo di Antonio Fatiguso sull’Ansa – aveva autorizzato la condanna a morte di due detenuti: una mossa a sorpresa (se si tiene conto che Keiko Chiba era a capo della Lega Parlamentare contro la pena di morte) che, unita all’apertura delle “camere della morte” ai media, aveva come intenzione quella di sollevare un dibattito sul tema e sovvertire i risultati del sopracitato sondaggio, per arrivare infine all’abolizione della pena capitale nel Paese.

Ma il dibattito pare aver portato in una direzione diversa. Il capo di gabinetto Osamu Fujimura ha infatti rilevato come la posizione di Ogawa non sia altro che la politica di base dell’attuale esecutivo: dichiarazioni che contraddicono quanto rilevato dalle organizzazioni umanitarie, che avevano letto in questi ultimi 20 mesi senza esecuzioni una prospettiva abolizionista. Solo due giorni fa infatti Amnesty International aveva pubblicato il rapporto “Condanne a morte ed esecuzioni nel 2011”, nel quale sottolineava il positivo sviluppo di diverse posizioni avverse alla pena capitale nel paese nipponico e chiedeva al Giappone – ultimo stato di diritto nel mondo insieme agli USA a mantenere la pena di morte – una moratoria ufficiale sul tema. Attualmente in Giappone sono ancora 132 i detenuti nel braccio della morte.

«Queste tre esecuzioni sono un profondo passo indietro – ha dichiarato ora Catherine Baber, vicedirettrice di Amnesty International per l’Asia e il Pacifico – Giustificare azioni che violano i diritti umani col ‘dovere ministerialè è inaccettabile. Al contrario, dovrebbe essere responsabilità di chi ha incarichi politici di affrontare la criminalità senza ricorrere alla punizione più crudele, disumana e degradante». Dura anche la reazione della Federazione giapponese dell’ordine professionale degli avvocati, secondo cui «la ripresa delle esecuzioni potrebbe soffocare un dibattito sociale – ha aggiunto – sull’opportunità di abolire la pena capitale. Il governo dovrebbe sospendere le esecuzioni, divulgare più informazioni e suscitare un dibattito nazionale sulla pena di morte». La Federazione nell’ottobre 2011 aveva già resa nota la propria opposizione alla pena di morte nel Paese.

Twitter@balduzzierica

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