«Vera solidarietà», la nuova politica europea per le emergenze migratorie - Diritto di critica
A invocare la solidarietà tra i Paesi della Ue era stato l’anno scorso l’ex ministro dell’Interno italiano Roberto Maroni, quando in piena emergenza Lampedusa aveva accusato l’Unione di abbandonare l’Italia davanti al problema immigrazione ed era arrivato a parlare di «meglio uscire dall’Unione». A far esplodere l’allora ministro Maroni era stato il rifiuto europeo ad una redistribuzione nei Paesi dell’Ue dei migranti che dalle coste del Nord Africa infiammato dalla Primavera Araba continuavano a riversarsi su quelle italiane: ora, a distanza di quasi un anno, il consiglio dei ministri Ue degli Affari Interni – che si è tenuto ieri a Bruxelles e si è occupato di immigrazione e riforma della governance di Schengen – ha stabilito che tra i 27 Paesi dell’Unione deve scattare una «vera e concreta solidarietà» quando scoppiano emergenze migratorie.
Nel documento pubblicato ieri si afferma quindi il principio di contribuzione con un meccanismo di allerta preventiva, mettendo sul tavolo contributi finanziari e misure specifiche (sempre però secondo il meccanismo della “volontarietà” degli aiuti) in sostegno di quei Paesi che si trovano ad affrontare significativi flussi migratori “misti”, cioè composti sia di clandestini che di richiedenti asilo. I primi dovranno essere individuati e riportati nei Paesi d’origine, mentre per quanto riguarda la gestione dei secondi è stata individuata una posizione comune circa l’istituzione di un “quadro comune” di solidarietà, secondo un sistema già presentato alla Commissione Ue nel 2009 (“Programma di reinsediamento congiunto”) che dovrebbe alleggerire la pressione sugli Stati membri più sottoposti a richieste di questo tipo. E’ stato infatti deciso di attivare un circuito di risorse per il resettlement dei rifugiati con diritto d’asilo nei territori dell’Ue: per ogni richiedente asilo accolto, lo Stato che lo ospita riceverà un contributo forfettario variabile tra i 4.000 e i 6.000 euro a seconda dei casi.
Non solo: verranno potenziate anche le capacità dell’Easo (European Asylum Support Office, l’ufficio europeo di sostegno per l’asilo) e del Frontex e la decisione sui criteri per far scattare la Direttiva sulla Protezione Temporanea – che permette la redistribuzione tra Stati in caso di massicci fenomeni migratori da aree di conflitto – spetterà al Consiglio, su proposta della Commissione o di uno Stato membro.
Sul tavolo di lavoro di Bruxelles è stata inoltre affrontata anche la riforma della governance di Schengen, con l’attribuzione al Comitato misto del Consiglio – composto cioè dai ministri dei Paesi Ue e non Ue che compongono l’area senza frontiere interne – del ruolo di “guida politica” per la valutazione del corretto funzionamento di Schengen, combatterne le inefficienze e renderlo uno strumento al servizio di una politica migratoria europea condivisa, sulla base di appositi rapporti annuali redatti dalla Commissione: il primo verrà presentato a maggio.
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