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Diritto di critica | December 22, 2024

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Santa Sede sotto controllo: “c'è rischio di riciclaggio denaro” - Diritto di critica

Santa Sede sotto controllo: “c’è rischio di riciclaggio denaro”

Al principio furono Marcinkus e Calvi. Nel lontano 1980 scoppiava lo scandalo Ior-P2: in meno di due mesi vennero a galla le operazioni sottobanco di Monsignor Marcinkus e Roberto Calvi, che insieme ripulirono centinaia di miliardi di dollari di denaro proveniente dal narcotraffico italo-americano. Forse, ma non si dimostrò mai, anche per conto della Banda della Magliana; di sicuro per la Mafia. Si chiuse un velo di silenzio su tutta la storia nel 1982, con la morte del “banchiere di Dio”: da allora, l’argomento è tabù nelle sale vaticane. Soltanto nel 2011 un organismo di controllo finanziario – l’Aif, creato da Benedetto XVI e già bombardato per il caso Vati-leaks – ha varato una norma anti-riciclaggio: gli effetti sono ancora tutti da verificare.

Il sospetto americano. La scarsità di leggi ad hoc preoccupa il Dipartimento di Stato Usa, che ha inserito la Santa Sede nella lista dei paesi “suscettibili di possibili infiltrazioni”: gli fanno compagnia altri 66 paesi come Albania, Repubblica Ceca, Egitto, Corea del Sud, Malaysia, Vietnam e Yemen. Il sospetto è fondato da due elementi: il segreto bancario vaticano – che sostanzialmente fa “scomparire” il denaro versato nelle proprie casse  rendendolo irrintracciabile – e l’assenza di controlli esterni. Nemmeno con l’Italia la Santa Sede ha un accordo di interventi incrociati o congiunti per scongiurare i reati finanziari.

Rischio intermedio. Nel rapporto si legge che non siamo ancora a livelli di guardia: la categoria in cui si inserisce il Vaticano è al di sotto della “black list” ufficiale, che annovera paesi come l’Afghanistan, le Isole Cayman, la Cina e la Russia, gli stessi Stati Uniti.

Questo dimostra che non è un problema di “mele marce” – come Marcinkus – ma di sistema. Negli istituti bancari e parabancari della Santa Sede l’opacità dei conti e delle fonti di denaro è la regola; solo di recente Benedetto XVI ha intrapreso una battaglia silenziosa per la trasparenza, proprio nel campo in cui il suo predecessore Woytila non si battè mai. Vedremo quanto ci metterà papa Ratzinger a rimettere ordine nei conti vaticani e ad allinearsi con le norme internazionali di lotta al riciclaggio: e speriamo che faccia in tempo a farlo, prima che i cardinali a lui vicini ne riprendano le redini.