L'Italia, dove il mutuo è un miraggio - Diritto di critica
Casa dolce casa: forse è vero per chi già ce l’ha, ma per chi se la vuole comprare oggi come oggi sono dolori. Soprattutto se si tratta di quelle categorie di persone ‘non standard’: giovani, precari, donne single, stranieri. E tra mutui sempre più difficili da ottenere ed una situazione economica preoccupante e stagnante, l’ambizione di una casa propria diventa in moltissimi casi un miraggio sempre più distante.
Accade quindi che ad una flessione del numero dei prestiti privati chiesti alle banche negli ultimi mesi si unisca anche una crescita molto elevata di quelle richieste che hanno ricevuto esito negativo, o che sono state accolte per importi di molto inferiori a quelli domandati. I numeri parlano chiaro: secondo gli ultimi dati della Banca d’Italia infatti – relativi allo scorso novembre e ripresi in un’inchiesta pubblicata su Repubblica.it – è stato registrato un significativo rallentamento del tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti concessi ai privati (famiglie e società non finanziarie), mentre allo stesso tempo Federabitazione ha reso noto come per quanto riguarda l’acquisto casa all’incirca il 40% dei mutui richiesti alle banche ha ottenuto risposta negativa, oppure positiva ma per un importo notevolmente ridotto rispetto alla domanda iniziale.
CRISI ECONOMICA, ITALIANI PIU’ CAUTI? Difficoltà economiche generalizzate, o banche molto più severe nella concessione di credito? Probabilmente entrambe le cose. Da un lato infatti la crisi economica pare rendere i privati – al di là della classe di appartenenza – molto meno inclini all’indebitamento, più prudenti e più propensi a rinviare eventuali impegni finanziari onerosi. Una tendenza riscontrata da diverse banche e confermata dal Crif, secondo cui nel 2011 è stato registrato un drastico calo nelle richieste dei mutui dal 2010 al 2011: una media del -19%, che oscilla tra il -1% di gennaio 2011 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e il -49% di dicembre. Crisi economica, incertezze lavorative, disoccupazione, salari al palo da più di 10 anni, timore di non riuscire ad arrivare alla fine del mese: la possibilità reale di imbarcarsi in un impegno oneroso come un mutuo per l’acquisto di una casa tende ad allontanarsi sempre di più dalle aspettative degli italiani.
CREDIT CRUNCH. D’altro canto, anche le condizioni poste dalle banche a chi si trova a dover chiedere un mutuo sono sempre più stringenti: è il cosiddetto credit crunch, la stretta sul credito che prevede criteri più severi, ma anche, ad esempio, l’espressa richiesta della presenza di garanti (solitamente i genitori) per la concessione di un mutuo ai giovani under 35, quando fino a poco tempo fa bastava un contratto di lavoro non atipico. Condizioni che mettono in evidenza come il tamtam mediatico contro la “monotonia del posto fisso” – in polemica alla frase pronunciata dal premier Mario Monti circa la flessibilità nel mondo del lavoro – abbia radici ben affondate in una realtà quotidiana fatta di difficoltà finanziarie e, spesso, impossibilità concreta nel portare avanti un progetto di vita. Non solo: con l’aumento dello spread, si registra da parte delle banche una tendenza ad innalzare i tassi di interesse sui mutui e il conseguente aumento delle rate. In molti casi, il tasso finisce per superare la percentuale concordata con i clienti, «senza alcun preavviso e anche a pochi giorni dal rogito – denuncia un articolo pubblicato a gennaio sul mensile della Banca Etica Valori -, quando per i clienti è impossibile tornare indietro, se non perdendo la possibilità di acquistare l’abitazione, e la caparra versata. Possono farlo? Sì, approfittando di un vuoto legislativo che consente alle banche di modificare lo spread (il loro guadagno) anche alla firma del contratto di acquisto della casa».
CRISI E USURA. Ma questa situazione potrebbe avere – quando già non ha avuto – anche risvolti di altro tipo: parallelamente alla difficoltà di accesso al credito da parte di privati e famiglie, infatti, è stato registrato anche un aumento del ricorso all’usura. Un fenomeno trasversale radicato tanto al Sud Italia quanto al Nord, che prende sempre più piede anche tra quelle categorie che fino a pochi anni fa non ne erano interessate, come le casalinghe oppure lavoratori dipendenti. A renderlo noto sono l’Associazione Contribuenti Italiani e Confesercenti, che nel 2011 hanno evidenziato non solo una crescita esponenziale dell’usura rispetto all’anno precedente (+148,2%) e del numero di aziende costrette a chiudere per indebitamento, ma anche lo sviluppo di una nuova tipologia di “strozzino”: non più solo il tipico usuraio di quartiere, ma anche una vera e propria rete strutturata di mediatori finanziari e consulenti, spesso legati alle organizzazioni criminali.