Marò arrestati, tra India e Italia è gelo. A rischio ottimi rapporti commerciali - Diritto di critica
Dai pirati agli indiani. Così i fucilieri di Marina, i cosiddetti “marò”, finiscono agli arresti a Kochi, nello stato indiano di Kerala. Dovevano proteggere le navi della flotta mercantile italiana dagli assalti dei moderni corsari che infestano le acque di fronte alle coste meridionali del continente asiatico. Ora, non si sa come e perché, sono finiti agli arresti e rischiano la pena di morte.
La versione italiana. È il 15 febbraio quando alle 15,45 ora indiana i marò a bordo della petroliera battente bandiera italiana Enrica Lexie, che navigava in acque internazionali, hanno avvistato un’imbarcazione avvicinarsi a forte velocità. Subito è scattato il piano anti-pirateria: i militari si sono disposti in assetto da combattimento, il comandante Umberto Vitelli (anche lui fermato dalle autorità indiane) ha dato ordine a tutto il personale civile di tornare in coperta e ha dato l’ordine “Avanti tutta!”. Secondo i militari italiani, sono state eseguite tutte le procedure preventive di respingimento, mostrando le armi a bordo, sparando colpi in aria ed infine verso l’acqua. A questo punto i presunti pirati avrebbero cambiato rotta.
I dubbi e le incongruenze. Secondo le autorità di Kochi la vicenda sarebbe avvenuta dentro le acque nazionali indiane e che i marò italiani avrebbero sparato a pescatori inermi, colpevoli solo di essersi avvicinati alla petroliera per difendere le proprie reti da pesca. Ma alcuni aspetti restano un mistero. In primo luogo l’orario del conflitto che, secondo le autorità indiane, sarebbe avvenuto quasi due ore dopo rispetto a quanto dichiarato dagli italiani. Inoltre, mentre i marò hanno indicato nella relazione trasmessa a Roma di aver sparato 20 colpi totali, sul peschereccio risultano 60 diversi fori, alcuni dei quali avrebbero ucciso due pescatori di religione cattolica disarmati. Per questo a Roma sono convinti che i due pescatori siano morti in una situazione diversa e non per mano dei marò, anche perché alle autorità di Kochi risulta che quel giorno vi fosse stato un altro attacco di pirati (contro chi e quando non si sa). Inspiegabile, però, è l’atteggiamento delle autorità indiane che si rifiutano di eseguire l’autopsia sui corpi dei due pescatori, autopsia che consentirebbe di verificare se i proiettili fossero di provenienza italiana o meno. Incomprensibile è il motivo per il quale la petroliera abbia ubbidito agli ordini di Nuova Delhi e di consegnare i due militari che operavano secondo la legge italiana ed in conformità di una risoluzione dell’Onu contro la pirateria, nonostante l’ordine contrario della Marina Italiana. Secondo la Farnesina, le autorità di Kochi avrebbero violato l’immunità di cui i militari godono in quanto organi dello Stato.
Onore vs. ragion di Stato. La vicenda rischia di minare gli ottimi rapporti commerciali tra i due paesi. Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi lo sa bene. E lo sa bene anche Mario Monti che ha vietato a tutti i componenti del governo di non proferire verbo sulla vicenda. Gli scambi commerciali tra i due paesi hanno raggiunto e superato i 7,5 miliardi di euro nel 2011, con un incremento del 25% rispetto al 2010. L’obiettivo del nostro governo è espandere i commerci fino ad arrivare a 15 miliardi nel 2015. Gli interessi italiani in India riguardano la produzione automobilistica, moda e infrastrutture. Terzi non ha cancellato il suo viaggio istituzionale in India di fine mese. Bisogna proteggere l’onore dei propri soldati, ma non dimenticarsi degli interessi di Stato.
Chi sono i marò anti-pirati? A causa dei continui attacchi di pirati alle navi mercantili italiane, il Ministero della Difesa e la Confederazione italiana degli armatori navali hanno stipulato, nell’ottobre scorso, un accordo per la difesa delle navi da attacchi. Il Ministero ha istituito i Nuclei militari di protezione, a cui appartengono i due militari arrestati, composti da 60 unità. I nuclei, coordinati da una base a Gibuti, si suddividono in 10 squadre che possono scortare le navi su richiesta dell’armatore su rotte a rischio. Il servizio non è gratuito ed ha un costo per l’armatore pari a 500 euro al giorno per ogni militare ospitato. La legge dovrebbe prevedere in futuro la possibilità di imbarcare squadre di contractor.
Twitter: @PaoloRibichini
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che schifo … se erano americani inglesi o francesi se li erano già andati a prendere …
siamo un paese da schifo .. per ragioni economiche che faranno guadagnare solo i soliti pochi (perchè non esportiamo sicuramente niente in india se non forse le ferrari ma al massimo utilizziamo la loro manodopera per tagliare posti in italia) ..dicevo per ragioni economiche ci comportimao come al solito…
pretendo che il governo vada a riprendersi i miei soldati o che blocchi tutti i rapporti diplomaticicon l’india …
non me ne frega un cazzo della real politik voglio che i nostri soldati che svolgono un lavoro per l’italia tornino a casa e siano trattati come eroi e non come assassini.
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spendiamo miliardi x la difesa ma restiamo sempre un paese di merda
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mandiamo la russa “ignazio”
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ci prendono tutti per il culo mi vergogno di essere italiano
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