La Russia verso il voto, Putin contro tutti - Diritto di critica
Poco meno di un mese separa il popolo russo dall’appuntamento elettorale che porterà al Cremlino un nuovo presidente. Ma questa volta i russi non ci stanno e hanno deciso di scendere in piazza per manifestare il proprio dissenso verso Vladimir Putin, che si prepara a sedere nuovamente sulla poltrona più importante della Federazione.
Se è vero che i cortei e il movimento anti Putin stanno di certo cambiando il panorama sociale e politico russo, è anche vero che l’elezione dell’attuale premier a capo di Stato è molto probabile: secondo un sondaggio del 20 gennaio del Vtisiom – il più accreditato e solido istituto di analisi e rilevazione dell’area post sovietica – su un campione di 1.600 persone Putin vincerebbe al primo turno, aggiudicandosi il 52% delle preferenze, seguito dal leader comunista Gennady Zyuganov con solo l’11% dei voti, dall’ultranazionalista Vladimir Zirinovsky al 9% e dal miliardario Mikhail Prokhorov al 2%.
Intanto non mancano episodi di censura ed epurazione. I vertici di Radio Eco di Mosca, la stazione radiofonica forse più popolare in Russia, sono stati licenziati in tronco da Gazprom Media – la più grande holding russa in campo media, fondata nel 2000 come diretta emanazione di Gazprom, controlla tre canali tv, cinque radio e quattro giornali – che detiene il 66% delle quote della radio, in seguito ai reiterati attacchi che i giornalisti del canale hanno portato avanti contro Putin.
Solo il direttore responsabile Alexei Venediktov manterrà il suo posto – la carica dura tre anni – anche se ai suoi ascoltatori, attraverso il sito della radio, ha detto: «Mi avevano preso all’inizio giusto per stare seduto e alzare il telefono». La notizia non stupisce, vista la vicinanza della dirigenza Gazprom – in particolare di Viktor Zubkov, chairman del gigante energetico e nel 2007 nominato dallo stesso Putin presidente del Paese, in sostituzione del dimissionario Michail Fradkov – al primo ministro in carica.
Censura o no, le proteste continuano e sembra che i russi siano davvero decisi a vendere cara la pelle, tanto che una grande manifestazione contro Putin è prevista per il 3 marzo, un giorno prima delle elezioni, e il popolo è pronto a battersi, forse anche fisicamente, pur di mettere fine al regime autoritario che dal 1999 tiene in pugno la Russia.
Se Putin dovesse di nuovo vincere le elezioni al primo turno – come già accadde nel 2000 e nel 2004 con rispettivamente il 52,94% e 71,2% delle preferenze – c’è di certo da aspettarsi una reazione del tutto diversa da parte della popolazione.
Oppositori e attivisti politici hanno accusato Putin di aver modificato illegalmente il risultato elettorale per raggiungere la maggioranza nelle recenti elezioni parlamentari e, anche se il premier ha annunciato di voler mediare con l’opposizione, non sono arrivate notizie ufficiali di incontri tra le parti, segno del fatto che il presunto “ammorbidimento” di Putin sia, in realtà, poco più di una trovata pubblicitaria da campagna elettorale.
La verità è che Putin si sente più debole che mai: il malcontento diffuso potrebbe portare il ricco Prokhorov ad unificare le opposizioni e a portare Putin al secondo turno, del resto i capitali da investire nella campagna elettorale non gli mancano. «Arrivare al secondo turno comporterà inevitabilmente la continuazione di una lotta per il potere e una destabilizzazione della situazione politica», ha commentato lo stesso primo ministro, ammettendo per la prima volta la possibilità di non vincere al primo turno.
Altra spina nel fianco di Putin è l’Unione Europea poiché Catherine Ashton – Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza della Ue – ha fatto richiesta alle autorità russe competenti di rivedere la decisione circa il respingimento della candidatura del fondatore del partito liberale russo Grigorij Javlinskij, cui è stata contestata una parte delle firme necessarie a registrarsi come candidato alle presidenziali: i membri del partito liberale denunciano una decisione politica, dettata dalla volontà di escludere dai giochi una voce pericolosa.
Le manifestazioni e le dimostrazioni continuano, sintomo di un movimento che difficilmente si arresterà e che ha spinto molti, già da alcuni mesi, a parlare di una Primavera russa che potrebbe rivoluzionare una volta per tutte la politica post sovietica che sembra comunque ricalcare non poco quella precedente al crollo del muro di Berlino. Il popolo russo chiede giustizia e dignità come già i popoli di alcuni Paesi dell’Africa settentrionale, come spiega anche Friedman in un suo editoriale sul New York Times. Egitto e Russia non sono poi così diversi: se per anni un popolo viene privato della propria dignità, della giustizia, delle condizioni necessarie a condurre una vita vagamente “decente” c’è da aspettarsi che prima o poi alzerà la testa e scalzerà il tiranno di turno, costituendo così nuove categorie e basi politiche.
Putin vincerà di nuovo, nonostante il ricco amante del basket Prokhorov lo marchi stretto, ma la Russia, o meglio, i russi sono vicini al punto di svolta: trovato il coraggio di ribellarsi andranno avanti fino a che qualcosa non cambierà davvero, mettendo ancor più in evidenza l’immobilismo di alcuni popoli europei, circondati da venti rivoluzionari e incapaci di abbandonarsi a essi.
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