Monti dice "no" a Roma2020, a bocca asciutta costruttori, politici e imprenditori - Diritto di critica
C’è chi dice no. Potremmo sintetizzarla cosi – in omaggio ai 60 anni di Vasco Rossi – la risposta di Mario Monti a quanti spingevano perché la capitale si candidasse ad ospitare i Giochi del 2020.
Niente Olimpiadi, l’Italia ha altro a cui pensare e soprattutto ha altre spese da sostenere con i poco meno di 5 miliardi di euro stimati approssimativamente per i Giochi. Una cifra che, secondo alcuni, arriverebbe al traguardo raddoppiata
L’incontro che sembrava esser saltato, alla fine c’è stato e quel fastidio trapelato dall’esecutivo si è materializzato nel “gran rifiuto” del presidente del Consiglio. Mario Monti non firmerà la garanzia finanziaria richiesta dal Cio e voluta dai rappresentanti del comitato organizzatore.
A quest’ultimo il titolare dell’esecutivo esprime interesse per il progetto presentato. Monti parla di decisione sofferta, ma, spiega, “non ci sentiamo di prendere un impegno finanziario che potrebbe gravare in misura imprevedibile sull’Italia. Il nostro governo è stato chiamato a operare in una situazione di emergenza. Ha dovuto chiedere sacrifici molto importanti a molte fasce della popolazione italiana. Abbiamo ritenuto di dover essere molto responsabili”. In altre parole “in questo momento il governo non si sente di assumersi questo impegno finanziario che potrebbe gravare sulle finanze italiane. Non vogliamo che la situazione possa essere compromessa da improvvisi dubbi circa la finalità di risanamento finanziario del Paese”.
Il basso profilo con cui ci stiamo incamminando sulla strada che, si spera, conduce, non senza sofferenze, fuori dal vortice della crisi, non permette di intraprendere una scommessa, in cui, a fronte di benefici tutti da dimostrare, la sola certezza sono i costi, sempre che, oltre tutto, non lievitino come in Italia accade fin troppo spesso. “Essendomi occupato di economia qualche volta – ha detto il premier – so che in uno studio, pur autorevole e fatto con grande accuratezza, ci possono essere scostamenti molto rilevanti fra preventivi e consuntivi: in altre circostanze dell’economia italiana, forse, avremmo considerato il rischio accettabile, ma in queste circostanze non sarebbe responsabile”.
Il senso ultimo del discorso di Monti è chiarissimo, con i soldi pubblici non si gioca più: “L’Italia non deve rinunciare ad avere mete ambiziose, il nostro governo è concentrato anche sulla crescita, ma in questo momento non pensiamo che sarebbe coerente impegnare l’Italia in questo impegno finanziario che potrebbe mettere a rischio denaro dei contribuenti”. Tanto più che “il piano di rientro del debito previsto dal fiscal compact prevede per l’Italia uno sforzo significativo che imporrà una gestione estremamente rigorosa dei conti pubblici, per molti anni”.
A coloro che si sono imbarcati in questa avventura al momento non resta che leccarsi le ferite. E se Petrucci afferma di sentirsi colpito perché il no è giunto all’ultimo momento, è ad Alemanno che va la palma della sconfitta. “Monti ha detto no. La notizia è stata negativa. Ha dato delle motivazioni molto chiare sulla sua scelta di non sostenere le Olimpiadi di Roma 2020, anche se non condivisibili”.
Alemanno incassa e ribadisce che non si dimetterà, “no, assolutamente no. Mi dispiace deludere i miei oppositori”. Il commento è misurato, ma la risposta tradisce il nervosismo già palesato con l’emergenza neve. E c’è da capirlo, per lui è un colpo che rischia di chiudere nel modo peggiore la sua permanenza in Campidoglio, una via crucis contrassegnata da scandali e polemiche di ogni sorta.
Con il no sui Giochi crolla per sempre il sogno di legare il suo nome ad un grande evento sportivo, il solo modo per riprendere quota nella considerazione dei cittadini. Un elettorato davanti al quale, nonostante le promesse, il sindaco difficilmente si ripresenterà. Dopo la brutta figura collezionata con il Gran Premio di Formula 1 da disputarsi all’Eur, adesso tramonta il sogno più grande: essere il sindaco capace di riportare la fiaccola olimpica sotto il Colosseo.
A conti fatti Alemanno può vantare solo i Mondiali di nuoto del 2009, non certo un capolavoro di organizzazione, con una serie di inchieste aperte e l’ombra della cricca “Grandi eventi” sempre presente.
Forse, alla base del no di Monti al sostegno alla candidatura, c’è anche il disarmante reportage di Fabrizio Gatti, apparso su L’Espresso il 9 febbraio, in cui il giornalista metteva la candidatura di Roma 2020 di fronte ai costi e agli sprechi di altre “imprese” sportive. A partire proprio dagli ultimi Mondiali di nuoto disputati nella capitale e dagli scheletri di cemento rimasti incompiuti come monumenti allo spreco del denaro dei contribuenti. Esempio paradigmatico di opere – inutili, visto che le gare si sono svolte tutte al Foro Italico – da non ripetere.
Un quadro sconfortante, in cui emerge un lavorio di poteri forti e cricche capaci di gonfiare costi e spese, senza nemmeno rispettare le consegne, perchè incuranti di dare nell’occhio. Alcune di quelle carcasse, rimaste a carico della collettività, sarebbero anche state ricomprese tra gli impianti già esistenti per i Giochi. In questo modo avrebbero potuto essere ultimate, o rifatte ex novo – molte sono già danneggiate – con altre corpose iniezioni di soldi pubblici.
Un quadro allarmante e già sotto la lente d’ingrandimento della magistratura. E dire che la squadra per lanciare l’assalto ai Giochi era stata costruita nei minimi dettagli e composta dai nomi più noti del potere italiano e capitolino, quelli che contano e con cui, in ultimo, ogni governo o Giunta, a prescindere dal colore, deve fare i conti.
Alla presidenza onoraria Gianni Letta, il potentissimo alfiere del governo Berlusconi. Presidente, Mario Pescante, uno dei tre nomi inossidabili da anni e nonostante tutto, al vertice dello sport italiano. Gli altri due, Gianni Petrucci e Franco Carraro, sono rispettivamente vice presidente e coordinatore del “Comitato di compatibilità e programmazione economica”. Vice presidenti anche il sindaco Alemanno e Andrea Mondello, per lungo tempo a capo della Camera di Commercio capitolina e uomo basilare per le fortune del “modello Roma” di Veltroni.
Non potevano mancare, tra i membri di diritto, i presidenti di Regione e Provincia, Renata Polverini e Nicola Zingaretti, mentre nel comitato d’onore, figura la Confindustria di ieri e di oggi: da Emma Marcegaglia, a Luca Cordero di Montezemolo, da Luigi Abete, ad Aurelio Regina. Non mancano i nomi noti dell’imprenditoria e della finanza: Aurelio De Laurentiis, Diego Della Valle, John Elkann e Cesare Geronzi. Per finire con Giovanni Malagò – che tra le tante cariche ricoperte è stato il presidente del Comitato promotore e organizzatore dei Mondiali di nuoto 2009 – e con Azzurra Caltagirone, moglie di Pierferdinando Casini e membro del cda dell’omonimo gruppo creato da suo padre, l’imprenditore “più liquido” d’Italia, Francesco Gaetano Caltagirone. Lo stesso di cui fa parte anche la Vianini Spa, la società che – come ci racconta Gatti – dirigeva il consorzio di imprese addette alla costruzione dello stadio del nuoto della Città dello sport, progettata dall’architetto Calatrava. Un lavoro incompiuto da centinaia di milioni di euro, rimasto abbandonato, ma pronto a ripartire con le Olimpiadi.
Molto delusi anche i partiti che sostengono l’esecutivo. Pdl, Udc e Pd, che hanno appoggiato la candidatura di Roma. Una posizione, quella della politica “commissariata” dai tecnici, che ancora una volta risulta incomprensibile e merita una trattazione a parte.
Va bene investire per la crescita, ma come si può sostenere una spesa simile in un momento di recessione lunga? Mentre si discute la riforma del lavoro, con i fondi che mancano per gli ammortizzatori sociali, la disoccupazione in aumento, le imprese che chiudono, gli investimenti fermi, le banche che non sovvenzionano? Viene davvero da chiederselo.
I partiti dimostrano ancora una volta di ragionare come se nulla fosse cambiato, favorevoli a iniziative che non danno nessuna certezza sulla carta, vantaggiose per pochi e gravose per tutti. Operazioni di grande prestigio, i cui frutti, però, devono essere tutti dimostrati.
Lega e Idv per una volta plaudono al governo, “a Roma fanno solo casino”, è il commento ironico di Bossi, con frecciata annessa per Alemanno, “Monti poteva dargli quelle invernali” .
E se Pd e Udc minimizzano l’accaduto, con Bersani e Casini che, al solito, mostrano il volto responsabile dei bravi ragazzi e definiscono la scelta di Monti ponderata e quindi ragionevole, il Pdl non ci sta.
Secondo Berlusconi i Giochi «sono una grande occasione di sviluppo che il Paese perde. Ed è un peccato pensare che possano essere state bocciate». Ma nel Popolo della libertà insorgono tutti, specie gli ex An, con Matteoli che suggerisce addirittura di togliere l’appoggio a Monti.
Forse, però, è una frase di Renata Polverini che meriterebbe di restare scolpita per il controsenso che produce: “sostenere la candidatura – dice la governatrice del Lazio ospite a Otto e mezzo – era una scelta troppo coraggiosa per un governo tecnico, probabilmente in questo caso serviva il coraggio della politica”. Il coraggio della politica? La stessa politica che è al potere dagli albori della seconda Repubblica senza aver prodotto un solo avanzamento, né sociale, né civile, né economico? La stessa che parlava di riforme mentre manteneva tutto immobile? Che invocava la responsabilità e si abbandonava ad ogni bassezza che potesse farle comodo?
La politica che nel momento di dimostrare davvero di valere qualcosa, o almeno di avere il polso per reggere a un momento simile, è andata nel pallone?
La stessa che si è alzata dalla bolgia dei talk show e ha smesso di urlare solo per andarsi a nascondere dietro una “testa di legno”, sperando che si intestasse tutte le colpe dei sacrifici e le permettesse di tornare agevolmente in sella una volta passata la buriana, magari dopo aver fatto credere a quei “fessi” di elettori di essere cambiata, diversa? È questo il coraggio che ci vuole? Il coraggio di presentarsi a chiedere di finanziare un’Olimpiade a colpi di miliardi?
No grazie. Non è più tempo di capitani coraggiosi.
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Sono pienamente d’accordo con Lei, E Giorgi. Si ricorda che qualche mese fa, il governo voleva prelevare una certa somma, che non ricordo, dai redditi oltre i 200.000 euro annuali mi sembra e i calciatori, in massa, hanno protestato vivacemente perchè loro le tasse già le pagano… questo è il LORO SENSO DELLO STATO ? E’ immondo e vergognoso ciò che guadagnano ma la colpa ovviamente non è loro bensì di chi li paga e anche di chi va allo stadio. Capisco benissimo che non tutti possiamo essere calciatori, che ci vuole bravura, capacità ecc, ecc. ma per Dio, dare così tanti tanti soldi è un insulto a chi prende 1000 euro al mese !!! e questo vale anche e soprattutto per i politici, banchieri i cui guadagni sono uno schiaffo alla morale. Meditare e cambiare, non si puo’ piu’ sopportare questo stato di cose.
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Quando ho letto la notizia ho tirato un respiro di sollievo.
Sapere che mi hanno aumentato le spese e diminuito gli introiti e contemporaneamente aggiunto nuovi paletti normativi per il mio lavoro PER IL BENE DELL’ITALIA mi conforta e mi fa affrontare meglio i sacrifici.
Rendermi conto che tutto questo viene fatto per aumentare ancor di più il conto corrente dei soliti mafiosi mi avrebbe trasformato in un terrorista, suppongo.
Ed io sono una persona calma e razionale con un’ottima situazione lavorativa, non voglio pensare a chi magari il lavoro l’ha perso…
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