Clandestini per una notte. E la povertà diventa attrazione turistica - Diritto di critica
Sul sito del parco naturale Eco Alberto, in Messico, la “camminata notturna” viene presentata come una delle attrazioni più belle, con percorso tra canyon e vegetazione incredibile, sotto le stelle. Ma in realtà questa è qualcosa di più di una semplice passeggiata. Qui diventi per una notte un povero messicano che tenta di raggiungere e superare illegalmente il confine con gli Stati Uniti, come fanno da sempre da queste parti.
Siamo nel centro del Paese, precisamente nello Stato dell’Hidalgo, a 3 ore da Città del Messico e a 700 chilometri dalla frontiera con gli Usa, in una delle regioni più arretrate del mondo. I turisti che arrivano, oltre ad ammirare rocce e piante rare possono, per la modica cifra di 100 pesos (circa 6 euro), simulare la lunga strada che porta al fiume Rio Grande, proprio al confine statunitense. Una scarpinata dura, che riprende moltissimo quella reale (al Nord), illuminata solo dalle torce delle guide. E dopo pochi chilometri, l’incubo si palesa.
Come in un film, fin troppo realistico, ecco le urla della polizia locale e le sirene di quella nordamericana, che con un convincente accento yankee ordina di fermarsi e tornare indietro. Tutto è perfettamente riprodotto: il filo spinato, la necessità di nascondersi dai fari indagatori delle torrette di guardia, il rumore degli spari, il turista che cammina al tuo fianco e diventa un compagno di fuga. Né cibo né acqua, solo ansia e spesso fango alle caviglie. La camminata è lunga ben quattro ore, e guadando fiumi, attraversando deserti e la valle del Mezquital, si capisce, spiegano le guide, la fatica di chi ha realmente passato la frontiera, o è rimasto ucciso nel tentativo di farlo.
La storia parla chiaro: migliaia di indios Hñahñus, diretti discendenti dell’antica civiltà tolteca, hanno tentato di raggiungere illegalmente Nevada, Texas, Arizona, California, per sfuggire ad una miseria eclatante (nello Stato dell’Hidalgo il 92% della popolazione vive di stenti, spesso senza acqua potabile o energia elettrica; la mortalità infantile e l’analfabetismo sono i più alti di tutto il Centroamerica). A speculare sulla loro disperazione, i “coyotes” o “polleros”, le guide che chiedono cifre folli per condurli alla frontiera naturale del fiume Rio Grande.
Chi ce l’ha fatta, al di là del confine è diventato manovale, autista a Las Vegas, bracciante in California. Gli altri hanno perso la battaglia, vinti dal filo spinato o dai proiettili delle guardie di frontiera. Oppure rimpatriati dalla Border Patrol, l’agenzia federale che regola gli ingressi negli Stati Uniti.
L’idea di aprire la “Caminata nocturna” rendendola propriamente turistica è nata nel 2005, quando il Parco è stato assegnato agli indios, su finanziamento del governo messicano. Inizialmente era uno strumento per sensibilizzare i locali sui pericoli che correvano scappando negli Usa. Poi però si pensò di trasformare questa esperienza, “vendendola” ai tour operator, in pura attrazione per i turisti. Che continuano ad apprezzarla, al ritmo di 50 o 100 persone quasi ogni sera, soprattutto messicani e statunitensi. Visto il successo costante dell’iniziativa, molti abitanti dell’Hidalgo hanno deciso di restare in patria e occuparsi del Parco, un business che offre sicurezza e posti di lavoro.