Riforma del lavoro, tutte le ipotesi sul tavolo - Diritto di critica
di Virgilio Bartolucci
La riforma delle riforme, quella del mercato del lavoro si farà. Dialogando al massimo con le parti sociali, ma si farà comunque, anche senza un accordo condiviso. Insomma, il governo va avanti anche da solo, “con o senza il consenso di tutti”. Parola di Elsa Fornero.
I tempi per mettere l’Italia in linea con quelle che sono le direttive europee sono stretti e il ministro è sicuro di potere chiudere in due o tre settimane. La riforma del mercato del lavoro, ribattezzata “resta e cresci in Italia”, è un treno che l’esecutivo non può permettersi di perdere se non vuole vanificare le attese dei mercati e della Ue.
Al di là delle chiacchiere, pochi, davvero pochi, i margini di trattativa. Il ministro definisce l’incontro “costruttivo” e parla di obiettivi generali condivisi “da tutti i partecipanti”. E di obiettivi generali si tratta, se è vero che tanto i sindacati, quanto Confindustria, hanno notato come il governo non abbia messo sul tavolo alcun documento programmatico. La piattaforma, in realtà resta ancora tutta da delineare. Al momento sono quattro le priorità: in primis la flessibilità, seguita da una distribuzione uniforme delle tutele, da formazione e apprendistato e, in ultimo, dal potenziamento delle politiche attive e dei servizi rivolti al lavoro. Ad ogni punto dovrebbe corrispondere un tavolo, o gruppo di lavoro, con le parti sociali.
Centrale il tema della flessibilità: assunzioni e licenziamenti. Il governo ribadisce che l’unico obiettivo è venire incontro ai lavoratori e per questo c’è la volontà di distinguere tra buona e cattiva flessibilità, in entrata e in uscita dal lavoro. Buona flessibilità in entrata significa sfoltire la selva dei contratti flessibili – al momento sono 46 – per lasciarne in campo solo alcuni, una dozzina circa.
Per l’ingresso al lavoro, invece, l’esecutivo punta sul contratto d’apprendistato: dura tre anni e permette al lavoratore di conseguire un effettivo apprendimento e una qualifica lavorativa, al termine dei tre anni il rapporto può cessare, oppure, il lavoratore viene assunto in pianta stabile.
Al contrario, per quanto riguarda le forme più negative di flessibilità, verranno eliminati i contrattini a tempo determinato protratti all’infinito. Ma, soprattutto, le collaborazioni fittizie e le false partite IVA, forme molto in voga per far passare il lavoro precario – magari di 8 e più ore al giorno – come una prestazione libero professionale, quando, invece, si tratta di lavoro dipendente, rigidamente strutturato e sottopagato.
Per quanto riguarda la flessibilità in uscita, il discorso si sposta su quello che può essere considerato il nodo cruciale, se non la vera ragione, di tutta la riforma del mercato del lavoro: l’articolo 18. Durante l’incontro il tema è stato solo sfiorato. Al termine, il ministro Fornero ha chiarito la posizione dell’esecutivo: “non abbiamo né chiesto l’eliminazione, né l’abbiamo difeso così com’è”, ha spiegato. Di fatto il governo vorrebbe modificarlo.
Fornero ritiene necessario abolire la norma sul reintregro dei lavoratori nei casi di crisi aziendale, sostituendola con un’indennità, una posizione che incontra il favore di Confindustria.
All’articolo 18 vengono imputate le mancate assunzioni da parte delle imprese e ad esso si lega strettamente anche il tema delle cause di lavoro che, secondo l’esecutivo, rappresenta uno dei principali motivi del mancato investimento – anche straniero – in Italia. E per sveltire le procedure giudiziarie, che oggi richiedono in media sei anni, c’è in ipotesi l’introduzione di una corsia preferenziale per le controversie di lavoro, a cui il ministro ha fatto esplicito riferimento: “sotto questo profilo l’arbitrato è uno strumento buono”.
“L’articolo 18 non sia un tabù” è diventato il motto dell’esecutivo. A “Matrix”, oltre alla battuta sulla “monotonia del posto fisso”, Monti aveva parlato dell’effetto pernicioso che l’articolo può produrre sul mercato del lavoro. Gli ha fatto eco il super ministro, Corrado Passera, tornato a contrapporre chi non ha alcuna tutela a coloro che invece ne hanno una eccessiva. Posizioni che ricalcano quelle di Confindustria, decisa a cambiare l’articolo.
Per Emma Marcegaglia, al di la’ dei casi di discriminazione, si deve rendere possibile licenziare il dipendente in cambio di un’adeguata indennità, cosa che per altro accade in quasi tutti i paesi occidentali. Di tutt’altro avviso i sindacati. Secondo i quali si tratta di una contrapposizione volutamente artificiosa, che per avere mano libera sui licenziamenti, tende ad avvalorare una relazione inesistente tra assunzione dei giovani e abbattimento dei diritti acquisiti. Per i sindacati l’articolo 18 è un falso problema, quello vero e drammatico per i giovani, è la mancanza di lavoro. Un’emergenza che non si risolve andando a toccare le tutele di altri lavoratori.
Secondo i dati della Cgil, infatti, negli ultimi anni l’88% delle assunzioni sono state fatte con contratti precari a tempo determinato, ma la cosa strana e’ che la disoccupazione è aumentata fino ai record attuali.
“Confindustria si fa prendere un po’ la mano sulla scorciatoia dei licenziamenti, ma il problema non è quello”, ha ripetuto Susanna Camusso che in giornata aveva bacchettato duramente Monti: “in questo momento ci sarebbero in Italia tantissime persone che sarebbero felici di annoiarsi, ma ce ne sono moltissime che non si possono annoiare perché stanno cercando disperatamente un posto di lavoro. Più che fare delle battute bisognerebbe indicare loro quale strada il Paese intende intraprendere”. E in serata dalla sedia di “Servizio Pubblico”, il segretario della Cgil chiede di non incorrere in un’equazione sbagliata: “non contrapponiamo art. 18 a precari perché è falso. Non ci sono soldi per gli ammortizzatori, allora si dice ai giovani che senza l’art. 18 si sblocca il lavoro. Ci dicono siamo nel baratro, siamo nel baratro, ma questo paese e’ ancora capace di discutere su un’idea? oppure, compreso qualche grande giornale ( Repubblica, ndr) , accetta tutto perché c’e ‘ la crisi?”.
Sull’articolo 18, però, c’è anche chi usa parole dal suono cupo per lanciare un avvertimento al governo dei tecnici: “sbagliato mettersi in testa di far cadere un simbolo. L’effetto sulla gente sarà devastante. Invitiamo il Governo a usare molta cautela, perché siamo in una fase delicata”, è il monito del leader della Cisl, Raffaele Bonanni.
In realtà la trattativa offre anche qualche raggio di sole. Sull’apprendistato per l’ingresso al lavoro, ad esempio, ci sarebbe un’intesa con i sindacati, favorevoli alla lotta a partite Iva e flessibilità “cattiva”, come pure ad una formazione maggiore e più qualificata che incentivi le assunzioni.
Un altro punto a favore i sindacati lo hanno incassato sull’attuale sistema di ammortizzatori sociali: cassa integrazione ordinaria e cassa integrazione straordinaria non dovrebbero subire variazioni, come pure l’indennità di licenziamento. Un’ apertura che fa piacere, ma che andrebbe vista con preoccupazione, se, come sembra, è resa necessaria dalla perdita di altre migliaia di posti di lavoro – 250 mila, secondo il leader Uil, Luigi Angeletti – causata dalla chiusura di numerose aziende prevista nel 2012.
Tra 10 giorni ci sarà un nuovo appuntamento. Per quel momento si capirà dove vuole andare il governo. Nel primo vero incontro l’esecutivo ha voluto soprattutto rimarcare la sua ferma volontà di portare a casa il risultato a tutti i costi. Quale, però, si vedrà solo alla fine, il pronostico al momento non appare scontato.