Viaggio nei campi rom abusivi e tra i poveri di Roma Capitale - Diritto di critica
IL REPORTAGE – La sbarra verde di metallo si alza non appena i fari del pulmino e dell’ambulanza della Croce Rossa illuminano lo spazio al di sotto del cavalcavia. Due giovani romeni si avvicinano. Le mani callose, i volti segnati dalle rughe e dal freddo, salutano e ci invitano a entrare. Scarichiamo i sacchi con le coperte e il thè, poi ci addentriamo lungo il sentiero scavato nella terra che conduce sotto al cavalcavia. Radunate accanto a un secchio di latta che fa da braciere, quattro capanne di legno e cartone, poco distanti alcuni tavoli e un fornello a gas. L’insediamento è a pochi passi da uno dei templi dello shopping della Capitale: ci vivono in otto, tutti rom romeni che di giorno lavorano nell’edilizia e nei cantieri. Uno di loro, Marco (nome di fantasia) fino all’estate scorsa faceva il guardiano notturno.
Accanto alle capanne lasciamo coperte e alcuni flaconi di sapone e detersivi. Ma in alcuni casi ai senzatetto vengono portati occhiali multifocale, libri e quanto può migliorare un minimo la loro vita di strada.
Il tempo di capire come stiano gli abitanti di quel villaggio improvvisato e di scambiare quattro chiacchiere, poi ripartiamo verso un altro insediamento. Il furgone con le provviste precede l’ambulanza pronta a eventuali soccorsi. Arriviamo in zona Eur, una delle più residenziali di Roma. Tra le sterpaglie, oltre il limitare di una strada buia, una roulotte dove vivono due donne e una bambina. All’interno una televisione racconta una vita distante e diversa dal degrado quotidiano. Fuori la biancheria stesa sui rami degli alberi: asciugamani, pantaloni, slip, ogni ramo ha il suo capo di abbigliamento. La bambina salta giù dai gradini della roulotte e saluta i volontari. Beve un po’ di thè, dice di avere la febbre ma non vuole saperne di tornare dentro.
A poca distanza, un lavabo rimediato chissà dove e fissato su un pannello di legno fa da “angolo cucina”. Appese a cinque chiodi, uno scolpasta e alcune stoviglie. Gettata negli sterpi, una padella rovesciata. Il freddo, in quell’angolo di mondo ignorato dalle pattuglie delle forze dell’ordine e dai cittadini che pure lo conoscono, è pungente. E nei prossimi giorni il servizio meteo prevede addirittura neve. La luce, rubata chissà come, arriva alla roulotte attraverso una serie di multiprese collegate l’una all’altra. Tutte senza alcuna protezione dalla pioggia.
Proseguiamo verso Trastevere. Nell’angolo buio di un autolavaggio hanno trovato ricovero alcuni ragazzi italiani e una ungherese. “C’è l’emergenza freddo – spiegano – non possono cacciarci. E comunque domani mattina, prima che aprano i negozi, andremo via. Stiamo qui solo per la notte”. Per terra vecchi materassi, alcuni sacchi a pelo e diverse coperte.
Il giro termina dopo quasi due ore a Circo Massimo. Davanti l’edificio della FAO (Food and Agriculture Organization), sotto i portici, trovano ricovero alcuni senzatetto. “Qui si mette male – commenta uno di loro in un italiano misto a francese, mentre si sistema due giacconi, indossati uno sull’altro – nei prossimi giorni è prevista neve, speriamo bene”.
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