Ecco cosa c'è sotto la Costa Concordia - Diritto di critica
Immaginate per un momento la quantità di rifiuti che può produrre in un solo giorno una città di quattromila persone, o un grosso quartiere di una metropoli. Aggiungete i beni personali di ogni abitante, e le sue provviste alimentari di tre settimane. Sotto la Costa Concordia c’è una città fantasma che ha gettato addosso alle preziose acque dell’isola del Giglio tutto quello che conteneva.
Le operazioni di svuotamento del carburante (2380 tonnellate) sono state rimandate a causa delle condizioni del tempo, e man mano che le ore passano il rischio di inquinamento marino aumenta inevitabilmente.
Le profondità marine nascondono sapientemente ai nostri occhi la gigantesca mole di materiale che da quasi venti giorni soffoca fauna e flora dell’Arcipelago Toscano. Ma là sotto c’è un mondo intero, e l’inventario di sostanze chimiche, cibi e bevande fornito dalla Protezione Civile è come uno schiaffo che ci sveglia dal torpore del voler rimuovere il tutto, e velocemente.
1.351 metri cubi di acque grigie e nere, 41 di oli lubrificanti, oltre 1200 litri di smalti densi e liquidi, e altri svariati di gasolio, pitture, detersivi e prodotti chimici. Senza contare i contenitori di cibi e bevande, le materie plastiche e gli arredamenti di negozi e cabine. Un universo artificiale, insomma, una discarica sommersa in una delle aree più belle del Mediterraneo.
Legambiente ha annunciato nei giorni scorsi che si costituirà parte civile nel processo sul disastro della Costa Concordia, e invita gli enti locali e il Parco dell’Arcipelago Toscano a chiedere il giusto indennizzo. «Il danno ambientale purtroppo c’è già – spiega Antonio Gentili, della segreteria nazionale dell’associazione – e dovrà essere risarcito dai diretti responsabili. Non parliamo solo del carburante, ma delle sostanze tossiche e pericolose che si stanno riversando in mare e che devono essere smaltite in sicurezza al più presto».
In realtà l’agenzia regionale toscana per la protezione ambientale (Arpat) non ha rilevato tossicità oltre i limiti nei campioni prelevati la scorsa settimana (come confermato anche dal commissario per l’emergenza Franco Gabrielli), ma potrebbe essere solo questione di tempo, le acque attorno al relitto della nave cominciano ad essere maleodoranti.
I vertici di Legambiente hanno anche scritto al ministro dell’ambiente Corrado Climi affinché avvii subito l’iter istitutivo di Area Marina Protetta (AMP) per le isole maggiori dell’Arcipelago Toscano, ovvero il Giglio e l’Elba: «Sebbene esista una legge quadro sulle Aree Protette, datata 1991 e poi rinnovata, l’AMP non è mai entrata in vigore anche per opposizione degli stessi poteri locali che sollecitano gli “inchini” delle navi da crociera rasenti alle coste. Perché il grattacielo del mare di Costa Crociere naufraga dove è vietato il passaggio anche a un gozzo?», chiedono.
A questo proposito, in puro stile italiano, le istituzioni si stanno muovendo ora per emanare una sorta di “decreto salvacoste”, un provvedimento che tuteli maggiormente le coste dal passaggio delle grandi navi passeggeri. La bozza messa in circolazione dai Ministeri delle Infrastrutture e dell’Ambiente prevede il divieto di “navigazione, ancoraggio e sosta delle navi adibite a merci o passeggeri superiori alle 500 tonnellate di stazza lorda nella fascia di mare compresa tra la costa e le tre miglia marine dal perimetro esterno di aree protette nazionali, marine e costiere”. Si vieta inoltre “il transito nel canale di San Marco e nel canale della Giudecca, a Venezia, alle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40 mila tonnellate di stazza”. In questo modo si interverrebbe anche nei confronti della città più “visitata” dagli inchini delle navi da crociera, e per questo minacciata da inquinamento e movimenti irregolari dei delicati fondali della laguna, dovuti all’alto traffico marittimo. Ricordiamoci tra l’altro che le emissioni quotidiane di anidride carbonica di una nave da crociera equivalgono a quelle di ben 12 mila automobili.
Anche se la bozza diventasse effettivamente decreto, viene da chiedersi come mai nel nostro Paese si cerca di correre ai ripari sempre dopo che il peggio è già avvenuto. Una storia, questa, che si ripete all’infinito.