La manifestazione: "4 euro a pezzo e sotto scorta", siamo tutti Giovanni Tizian - Diritto di critica
di Valeria Calicchio
Questa volta il capannello di giornalisti assiepati nella Piazza di Montecitorio non avrà telecamere in mano. Ne taccuini o registratori. Ci saranno striscioni e cartelli, frasi di profonda indignazione, slogan per una volta urlati e non trascritti nero su bianco. Perché giovedì prossimo la scena sarà loro. Sarà del “Comitato giornalisti senza tutele: altro che casta”. Dei precari che hanno deciso di prendersi quella Piazza per stare intorno a un collega che dallo scorso dicembre vive sotto scorta. La sua colpa è di aver scritto di ndrangheta, a 4 euro lorde al pezzo. Giovanni Tizian per un giorno avrà per scorta i suoi colleghi, ai quali ha prestato la sua passione e la sua faccia per una causa che accomuna ormai la maggior parte dei giornalisti italiani. No alle mafie e no allo sfruttamento degli editori. Questi i messaggi che il comitato, istituito dal coordinamento dei giornalisti precari di Roma “Errori di Stampa e dai lavoratori autonomi, free lance e parasubordinati di Stampa Romana, cercherà di portare all’attenzione del Governo.
“Il giornalismo è una passione che viene sfruttata. Ma nonostante le umiliazioni subite non ho nessun ripensamento” ha dichiarato Giovanni Tizian in una recente intervista. Una passione che tiene in piedi il mercato dell’informazione, nonostante si sia giunti ormai al limite della decenza. In tutta la penisola i dati parlano di una vergogna senza precedenti. Una vergogna che si può paragonare senza timore di esagerare, a quella dei caporali che sfruttano la manodopera a giornata. Due euro al pezzo, 5 o dieci. E non importa che si tratti di grandi testate o del giornale di provincia. La musica non cambia. Tariffe da fame e pagamenti dilazionati. Come se l’affitto o la spesa si possano dilazionare. Il giornalismo sta diventando ormai un mestiere per ricchi. Per quelli che possono permettersi di farsi campare dalla famiglia fino a 40 anni e oltre.
Sulla fine della gavetta in questo settore ormai non ci sono più certezze. E non ci sono diritti né tutele. Niente ferie, malattia, maternità o pensione. Il precario è reperibile 24 ore su 24. Sono 24 mila in Italia a fronte di 19mila assunti. E la situazione tende a confermare la precarietà come una condizione sistemica. E’ per questo che ancora una volta i giornalisti tornano in piazza e si mettono dall’altro lato dei riflettori. Le richieste che avanzeranno giovedì al Governo sono due: la definitiva approvazione della legge sull’equo compenso e un disegno di legge che conceda i fondi solo a quegli editori che si impegnano a combattere il lavoro precario. “Quattro euro al pezzo e sottoscorta”, urleranno. E forse anche la Fornero si accorgerà che quegli slogan non possono appartenere a una casta di privilegiati. Perché i privilegiati non scrivono di ‘ndrangheta rischiando la vita per 4 euro al pezzo. Né si impiccano penzoloni da un albero del proprio giardino, come il collega Pierpaolo Faggiano, prima ingiusta vittima di quello che una volta era il mestiere più bello del mondo.