In Giappone il nucleare fa ancora paura. Ma le autorità sottovalutano le contaminazioni - Diritto di critica
Onami è un piccolo paese nel distretto municipale di Fukushima, situato a 35 chilometri dallo stabilimento nucleare che ha gettato nel panico il mondo l’11 marzo del 2011. Il disastro nucleare, che ha colpito gran parte della zona rurale circostante, sembrava aver risparmiato le colture agricole: circa 25mila aziende del settore, molte delle quali risaie che forniscono l’approvvigionamento a tutto il paese. Nei mesi scorsi, le autorità avevano rassicurato la popolazione sostenendo che nei test sostenuti, la percentuale di cesio radioattivo era nella norma. Tuttavia, gli ispettori governativi avevano analizzato solamente 2 fattorie sulle 154 complessive.
Nei giorni scorsi un contadino ha fatto testare il riso della sua azienda, riscontrando livelli ben al di sopra dei livelli di guardia. La sottovalutazione ‘voluta’, da parte delle autorità giapponesi, fa parte della strategia per la difesa dell’approvvigionamento alimentare. Nel luglio dello scorso anno, un caso analogo interessò la carne di manzo contaminata. L’opinione pubblica è preoccupata per gli effetti che le radiazioni nucleari potrebbero avere sulla salute della popolazione. Il governo, dal canto suo, cerca di limitare il danno economico che deriverebbe dalle eccessive importazioni di materie prime. I giapponesi si fidano poco delle rassicurazioni governative e le informazioni vengono diffuse sui social network (Twitter e Facebook) o nei blog. E’, tuttora, in atto un incremento repentino dell’attivismo civico, in una nazione che è sempre dipesa dalle élite burocratiche, più che dai cittadini, per la salvaguardia degli interessi del Paese.
Associazioni di categoria, gruppi dei consumatori e degli agricoltori stanno avviando in proprio attività di monitoraggio delle radiazioni nucleari. Più di una dozzina di centri per il controllo strumentale sono attivi da Fukushima a Tokyo, nel raggio di 240 chilometri. I risultati delle analisi, una volta acquisiti, sono pubblicati su internet. Un’operazione di trasparenza, che è costata agli stessi agricoltori una fortuna, in termini di produzione agricola. La Tokyo Electric Power Company (società che possiede la centrale di Fukushima Dai-ichi) ha risarcito completamente solo gli agricoltori nelle zone evacuate, entro 20 chilometri dal disastro, e quelli situati nella zona a nord-est, dove i venti hanno portato gran parte delle scorie nucleari.
Il governo vorrebbe che gli agricoltori della zona abbandonassero le proprie fattorie, a differenza dei diretti interessati che si trovano ad affrontare una situazione economica drammatica, perché nessuno comprerà più il loro riso.
I funzionari della prefettura di Fukushima (una regione con 110mila aziende agricole) hanno reso noto i risultati di alcune rilevazioni: su 4.975 aziende a Onami e su 21 altre comunità del nord-est, solo 30 hanno fatto registrare limiti superiori alla norma. Altre 300 fattorie sono a rischio, soprattutto quando entreranno in vigore i nuovi standard sulla sicurezza nucleare nel mese di aprile. Intanto, il piccolo negozio di alimentari ‘Vegetable Cafe Harmonize’, che vende solo prodotti del Giappone occidentale, sta incrementando a dismisura i guadagni. “Ho fatto questa scelta – ha sottolineato uno dei proprietari –, per proteggere me stesso”. Il punto vendita è stato aperto due mesi fa dall’ ‘Associazione dei Genitori per la Protezione dei bambini dalle radiazioni’ e sta raccogliendo sempre maggiori consensi.