In Spagna la crisi non risparmia i Paperoni del calcio - Diritto di critica
Dal 1° gennaio 2012 i nuovi provvedimenti, varati dal nuovo governo di centrodestra in tema di regime fiscale, sono diventati effettivi. La manovra da ‘lacrime e sangue’ non ha risparmiato nessuno e né tanto meno i calciatori, che rappresentano una delle industrie più fiorenti nella Spagna. Coloro che dichiareranno al fisco redditi superiori ai 300mila euro dovranno versare nelle casse dello stato la bellezza del 56% (in Catalogna) e del 52% nel resto del Paese. Bypassata la ‘Ley Beckham’, un decreto legge che prevedeva un’aliquota di tassazione ‘di favore’ per tutti i lavoratori stranieri con reddito superiore ai 600mila euro, il premier Mariano Roy ha deciso di toccare i privilegi dei calciatori, pur di mettere a posto i conti dello stato.
Una misura che potrà incidere, e non poco, sul mercato dei trasferimenti iberico e sull’afflusso in Spagna di top player stranieri. Dal primo gennaio, i benestanti di Madrid e dintorni dovranno pagare, tra le altre cose, fino al 6% di tasse in più sulle loro entrate. Per cinque anni, sotto il governo Aznar dal 2005 al gennaio del 2010, i club iberici avevano beneficiato di una tassazione che era scesa dal 43 al 24% (poi trasformata in 25% per i primi sei anni di permanenza), con effetti retroattivi fino al 2004. Una speciale deroga concessa nel 2003, sotto il governo Aznar. Il provvedimento ha consentito ai più blasonati club spagnoli, come Real Madrid e Barcellona, di ingaggiare i più forti calciatori a livello europeo potendo contare su un risparmio netto del 25-30% rispetto alle altre società continentali.
Gli effetti della Ley Beckham (così chiamata perché a beneficiarne fu in primis l’ex stella del Manchester United passata nel 2003 al Real Madrid) si erano già attenuati a partire dal 2010, con gli ingaggi superiori ai 600mila euro allineati alle medie europee con aliquote passate dal 45 al 49% a seconda delle regioni. Ora, l’intervento del governo Roy promette di essere più ficcante e in grado di intaccare i risparmi di gran parte dei calciatori della Liga. Dopo aver beneficiato per anni di una legge senza eguali in tutta Europa, ora la tassazione è superiore rispetto a paesi come Germania, Inghilterra, Francia e Italia.
I club francesi, attualmente, possono proporre ai giocatori stipendi più alti grazie ad un’aliquota pari al 41% che scatta per i redditi superiori ai 71mila euro. In Germania e Portogallo la tassazione è al 42% per le fasce più alte. Segue l’Italia con il 45% per stipendi superiori ai 75mila euro. In Inghilterra, patria degli investimenti esteri, lo stato si assicura il 50% quando i compensi superano le 150mila sterline (circa 170mila euro). Negli Stati Uniti, nessuna aliquota supera mai il 35% e quella massima scatta a partire dai 370mila dollari (260mila euro). E’ molto difficile, ora come ora, che campioni del calibro di Ibrahimovic, Robinho, Kakà, Cristiano Ronaldo scelgano di trasferirsi in Spagna o di rimanere nella Liga. Potrebbe compiersi una vera e propria rivoluzione calcistica. La nuova stretta rischia di colpire maggiormente Real Madrid e Barcellona, alle prese con il rinnovo dei contratti. I presidenti chiederanno ai propri tesserati di ridursi l’ingaggio, anche perché quest’anno il rinnovo costerà ai club quasi il doppio in tasse.
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