La Bce finanzia le banche con 500 mld, ma chi finanzia le imprese? - Diritto di critica
La Bce finanzia le banche, ma chi finanzia le imprese? Se lo chiedono tutti, dopo il maxi rifinanziamento fornito da Francoforte: quasi 500 miliardi di euro da restituire in 3 anni, ai tassi minimi del mercato interbancario. Draghi già due settimane fa avvertiva: “molto meglio tagliare i dividendi degli azionisti che vendere asset o negare i prestiti”. Ma le banche italiane lo ignorano e fanno “sparire” il malloppo.
Un tesoretto a buon mercato. La Banca centrale europea inonda il mercato interbancario di denaro sonante. La speranza è di consentire agli istituti del Vecchio Continente di rimpinguare il patrimonio senza ridurre i prestiti a famiglie e imprese. I numeri ci sarebbero: da sole, le banche italiane hanno ricevuto 116 miliardi di euro da questa super-iniezione di liquidità, ad un tasso vicino all’1% per 3 anni. Per fare un paragone, lo Stato spende per i Btp a dieci anni quasi il 7% d’interesse, per colpa dello spread galoppante con i Bund tedeschi. Significa un costo – stimato, ma può peggiorare – di 8 miliardi di euro in più ogni anno.
Banche ricche, imprese a secco. Come usare questa liquidità straordinaria? I vertici di Unicredit, Montepaschi e Intesa fanno due conti e scoprono che comprare Bot conviene molto di più che prestare denaro alle aziende. Il rendimento netto sui Btp, per esempio, viaggia al 6%, resta vendibile in ogni momento sul mercato obbligazionario e non rischia niente – tanto lo spread, per il 2012, non può che aumentare, a maggior profitto dei banchieri obbligazionisti. E le imprese? La richiesta di prestiti resta altissima, nonostante i tassi elevati: le aziende chiedono liquidità per poter affrontare tredicesime, calo della domanda interna e le nuove tasse di Monti. Ma restano rischiose, proprio perché la loro è un’attività reale e non astratta come la Borsa. Rappresentano un pessimo investimento, per i “poveri” banchieri.
Eppure piangono miseria. L’Associazione delle banche italiane ha recentemente pubblicato una proiezione del mercato finanziario per il 2012. Le aspettative sono nere: il rendimento sulle azioni (Roe) – ovvero la misura della capacità di fare profitti degli istituti – “dovrebbe segnare un nuovo minimo storico con lo 0,3 per cento”. Eppure gli introiti dovrebbero crescere, come si è visto, e la liquidità pure. Dove finiscono i soldi appena incassati? Nei dividendi. Gli azionisti battono cassa e chiedono profitti sostanziosi. Ecco dunque che Draghi resta deluso, il denaro rientra nel circolo vizioso delle aste finanziarie e le aziende rimangono a secco. Con buona pace dello sviluppo e della crescita.
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